LONDRA. Paolo Gentiloni tende la mano a Theresa May sulla Brexit, evocando «un negoziato non distruttivo» tra Ue e Gran Bretagna, mentre chiude la porta - per ora - alla speranza di poter riportare la Russia nel G7 a guida italiana: «Irrealistico al momento» un invito a Vladimir Putin al vertice di Taormina, ammette. E intanto - protagonista della prima visita a Londra di un presidente del Consiglio dopo il referendum britannico del 23 giugno - proietta lo sguardo al dopo: alla prospettiva «ragionevole» di un'Europa post Brexit a due velocità; alle «opportunità» dell'era Trump; alla necessità «imperativa» di rispondere alla sfida dei populisti «maestri d'illusione» con riforme che rendano l'Unione più sociale e meno ancorata «ai soli parametri dell'austerity»; ma anche al futuro di un'Italia nella quale il governo in carica non ritiene d'avere una scadenza segnata: poichè «gode della fiducia e del sostegno del Parlamento, è nella pienezza dei suoi poteri ed è un interlocutore serio e stabile», per i cittadini italiani come anche «nelle discussioni sui bilanci e in Europa». La missione oltre Manica di Gentiloni - un 'recuperò di quella rinviata a fine anno causa intervento al cuore - si consuma in poche ore. Poche, ma dense. L'incontro con la May, che l'accoglie dinanzi al celebre portoncino nero al numero 10 di Downing Street, è seguito da una colazione di lavoro nella residenza della premier di Sua Maestà, poi da un incontro congiunto con la stampa. E infine da un intervento nella quasi altrettanto celebre London School of Economics (Lse), uno dei pensatoi accademici del Regno: tema, 'The future of Europè. Con lady Theresa la discussione spazia su tutti i dossier chiave del momento. Si parla dei negoziati per la Brexit, all'indomani del via libera della Camera dei Comuni, di Medio Oriente, d'immigrazione e anche di temi su cui Londra e Roma non sono sempre state in sintonia negli ultimi anni. La Libia, ad esempio. O i rapporti con Mosca, che per May significano tuttora soprattutto «sanzioni» - a tempo indeterminato - per le continue fibrillazioni della situazione ucraina; mentre per Gentiloni devono virare verso l'impegno a «fare ogni sforzo possibile sul terreno del dialogo». Sebbene una ricucitura piena, con il ritorno di Putin nel G7 (o G8), non gli appaia ancora a portata di mano. Sfumature, comunque, sullo sfondo di un clima positivo. May offre l'impegno a non considerare la questione dei migranti «un problema solo italiano». E la promessa di aprire le maglie del Regno se non altro a «20.000 rifugiati» in più. Gentiloni, dopo aver ricordato come l'Europa non abbia avuto una politica comune sull'immigrazione fino «all'aprile del 2015», quando fu Matteo Renzi a porre sul tavolo il tema dopo l'ennesimo naufragio nel Mediterraneo, nota che il livello di condivisione in sede comunitaria «non è ancora sufficiente». Mentre annuncia per il Cdm di domani «nuove norme sull'immigrazione sul piano interno». Quanto alla Brexit, il presidente del Consiglio avverte che «il negoziato non sarà facile». Ma assicura «un atteggiamento italiano amichevole e costruttivo», mostrandosi al contempo fiducioso sull'interesse di Londra a garantire «in condizioni di reciprocità i diritti acquisiti» dei molti italiani ed europei che già vivono nel Regno Unito. Concetti ribaditi più tardi agli studenti e ai docenti della Lse di fronte ai quali Paolo Gentiloni afferma che «il voto» dei britannici in favore dell'addio all'Ue «non può essere criticato nè messo in discussione». Ma aggiunge, «con la franchezza dell'amico», che quel voto «è stato un momento triste per molti di noi». In ogni modo, l'obiettivo è adesso gestire un divorzio «fra partner leali». Tanto più che la Gran Bretagna - «terra in cui la libertà trova rifugio inespugnabile», dice Gentiloni citando Cavour - «lascia le istituzioni europee, non l'Europa».