ROMA. Italicum, ballottaggio in bilico. La Consulta esaminerà martedì la legge elettorale varata sotto Renzi e il ballottaggio non è più un tabù. Soprattutto dopo la vittoria del No al referendum. Esaminare l'Italicum prima di quel passaggio sarebbe stato dirompente. Ora lo scenario è cambiato e anche i partiti stanno metabolizzando l'ipotesi di doversi confrontare con un proporzionale. Il ballottaggio, infatti, assegna 340 seggi a chi prevale tra le due forze andate al secondo turno e fa virare l'Italicum, proporzionale, verso il maggioritario. Se la Corte lo butterà giù, il risultato sarà un proporzionale con sbarramento al 3% e, se non toccato, premio di maggioranza per chi riesca nell'impresa di superare il 40%. Quest'opzione non dispiace a Forza Italia e neppure a Ncd; trova aperture, e non da oggi, nel Pd, tra i giovani turchi di Orlando e Orfini; e pare che anche i renziani, che hanno perso il referendum, ma vorrebbero capitalizzare quanto prima la dote del 40% di voti uscita da quel risultato, si stiano attrezzando. I giudici, però, dovranno valutare sentenze e Costituzione alla mano. Una bussola sarà la sentenza con cui nel 2014 bocciarono il Porcellum, che giudicò «distorsivo» il premio di maggioranza perchè non imponeva «il raggiungimento di una soglia minima di voti» e stoppò le liste bloccate perchè l'elettore deve poter riconoscere e scegliere il candidato. Il principio cardine sancito fu che la governabilità va tutelata, senza comprimere la rappresentatività. Ne uscì il Consultellum, un proporzionale puro con soglie di sbarramento. Sull'Italicum, la Corte dovrà stabilire se siano legittimi il premio di maggioranza; i capilista bloccati; l'opzione per il capolista candidato in più collegi, di scegliere, in caso di vittoria plurima, in quale essere eletto. Le azioni sono nate da un pool di avvocati, in testa Felice Besostri, già al centro della battaglia sul Porcellum, che hanno presentato ricorsi in mezza Italia. Cinque tribunali - Messina, Torino, Perugia, Genova e Trieste - hanno mandato gli atti alla Consulta che per il 24 e il 25 gennaio ha rinviato tutte le altre cause e si concentrerà sul dossier Italicum: segno che massimo a metà della prossima settimana la decisione arriverà. Relatore è il giudice Nicolò Zanon. Vincenzo Nunziata è il vice avvocato generale dello Stato che per la Presidenza del Consiglio ha predisposto gli atti a difesa dell'Italicum, ma in aula ci sarà l'avvocato generale Massella Ducci Teri e chiederà l'inammissibilità perchè l'Italicum non è mai stato utilizzato. In udienza ci saranno anche i legali anti-Italicum. Poi i giudici si riuniranno in camera di consiglio. Ne uscirà una decisione comunicata in forma sintetica a cui seguiranno a febbraio le motivazioni. L'azione su capilista bloccati e multicandidature è altamente possibile. Ma anche il ballottaggio potrebbe essere investito. Uno dei motivi è che la legge prevede che al secondo turno passino le due forze più votate indipendentemente dai voti presi. Quindi anche con risultati sul 20% si può andare a ballottaggio e ottenere la maggioranza assoluta dei seggi, sebbene il consenso reale alla base sia più limitato. Inoltre l'Italicum vale solo per la Camera; se il ballottaggio restasse, al Senato si voterebbe a turno unico, alla Camera a doppio turno. Un impianto disallineato: bicameralismo paritario e ballottaggio confliggono. La sentenza non lascerà vuoti normativi. Ma le Camere sono chiamate a dare al Paese uno strumento elettorale ben funzionante. Dalla Corte si attende però quella base di partenza 'neutra', che comunque possa essere azionata in caso di voto anticipato. Anche per questo l'ipotesi di cancellare il ballottaggio trova argomenti forti tra i giudici, che reduci da una pesante divisione sull'art.18, sono questa volta molto più coesi.