ROMA. "Non ci stancheremo di riprovare e ripartire". Dopo quasi tre anni, chiusi gli scatoloni e lasciato il suo appartamento al terzo piano di Palazzo Chigi, Matteo Renzi scrive un messaggio ai suoi elettori e si prepara al rilancio della sua proposta politica.
Da dove ripartire, proverà a indicarlo domenica prossima, in un'assemblea del partito che potrebbe svolgersi a Milano. Una scelta che conterrebbe anche un messaggio politico: l'orizzonte del 'modello Milano' di alleanza larga nel centrosinistra, indicato anche da Giuliano Pisapia. Ma la tensione nel Pd resta alta, i giochi tra le correnti sono appena all'inizio. E la minoranza incalza su tutti i fronti, dal nascente governo Gentiloni, fino al congresso del partito.
"Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l'immunità. Riparto da capo, come è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene", scrive Renzi su Facebook nella notte tra sabato e domenica. E' l'addio irrevocabile alla presidenza del Consiglio, ma anche una prima indicazione: dopo la sconfitta referendaria il leader Pd riparte da un messaggio di "coerenza" politica e dalla convinzione che "milioni di persone" che hanno votato Sì credano nel messaggio di cambiamento. E la sfida del cambiamento è il messaggio dal quale il premier intende ripartire, magari con un 'tour' che da gennaio lo riporti a contatto con il Paese. Su quella sfida Renzi intende giocarsi il congresso del Pd, che domenica dovrebbe essere convocato per febbraio o marzo.
Oggi invece l'ex premier non vorrebbe prendere parte alla direzione Pd. Una scelta dettata dalla voglia di non alimentare, con la sua presenza, discussioni interne al partito nel giorno in cui tutte le attenzioni dovranno essere concentrate sul nascente governo a guida di un esponente Pd come Paolo Gentiloni.
La sede del dibattito interno sulla sconfitta referendaria, spiegano fonti renziane, potrebbe essere un'altra direzione convocata ad hoc o l'assemblea di domenica. Ma i dirigenti Dem stanno provando a convincere Renzi a ripensarci e partecipare alla direzione, per non dare adito a polemiche della minoranza interna. "Sarebbe di una gravità inaudita la sua assenza - dice un bersaniano - Un segretario che non va alla direzione del suo partito di fatto è già dimesso".
Oggi, nel parlamentino Dem convocato per discutere dell'incarico affidato a Gentiloni, gli esponenti della minoranza Dem non hanno intenzione - assicurano - di 'impallinare' il premier incaricato. Ma vogliono chiedere con forza discontinuità nell'azione del governo, a partire da scuola e lavoro. E sono pronti a chiedere una riflessione in sede politica se emergesse l'ingresso ufficiale di Verdini in maggioranza, magari con un ministro. Una posizione, ribattono i renziani, strumentale da parte di chi con il No votato insieme a Berlusconi, ha aperto la via alla crisi di governo.
Ma è sul congresso che si consuma un'altra 'lite'. Gli esponenti dell'area Sinistra riformista, che fa capo a Bersani e Speranza, sostengono infatti che Renzi può convocare un congresso anticipato solo se si dimette da segretario. In alternativa può lanciare le primarie per la premiership, ma anche in quel caso sarebbe prematuro farlo adesso che non si sa "con quale legge elettorale si andrà a votare e se serviranno primarie di lista o coalizione". Non è così: la minoranza prova solo a rinviare il congresso perché non hanno ancora un candidato, ribattono dalla maggioranza Dem.
Su come si posizioneranno le correnti interne alle primarie, è ancora presto per dire. Ma gli esponenti delle aree di Martina e Orfini potrebbero avere un loro candidato. E qualcuno fa notare come Dario Franceschini avrebbe rifiutato il passaggio a un ministero più 'pesante', con una mossa che farebbe pensare alla sua intenzione di tenersi le mani libere. Quanto infine alla minoranza, mentre Cuperlo sembra aver rifiutato l'ingresso al governo, i bersaniani confermano per ora come loro candidato Roberto Speranza, ma circolano già nomi alternativi come quello di Emiliano e c'è chi non esclude un ritorno di Bersani.
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