ROMA. Dopo che alla Leopolda hanno gridato 'fuori, fuori' contro la minoranza Pd che voterà No al referendum, «sono incazzato e ancora più determinato a girare l'Italia per rappresentare e spiegare le ragioni del No. Ho ricevuto valanghe di messaggi di compagni che mi dicono 'tenete duro'. Il premier doveva fermarli». Lo afferma Roberto Speranza, esponente della minoranza dem, ad alcuni quotidiani, in cui ribadisce: «non me ne vado neppure con le cannonate dal Pd».
«Alla Leopolda c'era una curva di tifosi che sembra non avere consapevolezza che Renzi sta guidando l'Italia, non è un derby. Qualsiasi sia l'esito del referendum io mi impegno a restare nel Pd che però non è il PdR», dice Speranza.
«Renzi si comporta più da capo degli ultrà che da leader. Dovrebbe unire, invece quelle urla sono simbolo dell'arroganza di chi pensa di avere la verità in tasca. È lo spirito di quel 'ciaone' al referendum sulle trivelle».
«Il rischio è una scissione del modus originario del Pd, non mi sembra che la curva da stadio della Leopolda interpreti lo spirito originario. È un bunker in cui ci si chiude per osannarsi. Renzi faccia meno il capocorrente e più il leader del Paese», prosegue Speranza, che punta il dito contro la «logica plebiscitaria. Il referendum ha spaccato il Paese e messo a rischio il governo», osserva.
In merito alla trattativa sulle modifiche all'Italicum, «non una parola contro Cuperlo, ma la sua scelta è sbagliata. Il problema non è Cuperlo, ma questa architettura istituzionale che ci porta al governo del Capo.
L'Italicum c'è, è legge, non sono le buone intenzioni di una paginetta fumosa a cambiarlo», dichiara Speranza. «Abbiamo perso Cuperlo ma abbiamo guadagnato Emiliano».
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