ROMA. Ci lascia Tina Anselmi, morta stamane a Castelfranco Veneto dopo una lunga malattia. Prima donna ministro della Repubblica, prima donna alla guida di una commissione parlamentare d'inchiesta, punto di riferimento della 'buona politica, 'iconà della politica al femminile come lo fu, su altro versante politico, Nilde Iotti, la prima donna a guidare una delle due assemblee repubblicane, Montecitorio.
Un nome, il suo, che si è affacciato più volte nella rosa delle possibili candidate al Colle più alto prima che la malattia ne fiaccasse la salute. Sua la legge di Riforma del sistema sanitario nazionale, sua quella sulle Pari opportunità, suo il maggior esempio di impegno di una donna in politica e soprattutto di riferimento per la 'buona politica', portatrice di valori che affondano nella iniziale esperienza di
«staffetta» partigiana a 17 anni con il nome di battaglia di 'Gabriella', poi l'impegno nel sindacalismo cattolico e la carriera politica. Unanime il cordoglio arrivato anche da tutto il mondo politico, compreso, forse un pò a sorpresa, quello del M5s.
Ricordare Tina Anselmi significa ricordare la sua battaglia al contrasto della P2 all'inizio degli anni Ottanta che gli offrì l'occasione di conoscere da di dentro i fili del potere e di provare, nei limiti del tempo e delle istituzioni, di denunciarli, come raccontano i recenti «Diari segreti» di quella esperienza pubblicati due anni fa. Una esperienza che, vista in prospettiva, poggia molto sulle spalle personali di Tina Anselmi, come denunciano le carte; tanti avrebbero voluto chiudere prima del tempo quella esperienza unica di «disvelamento» della struttura del potere italiano e dei suoi referenti internazionali, come cercò di dimostrare in un documento che poi fu costretta a ritirare (la Pre-relazione finale).
È la radice popolare del cattolicesimo veneto che ha fatto da cornice alla formazione politica di Tina Anselmi che era nata a Castelfranco Veneto nel 1927 in una famiglia antifascista. Ben presto dal sindacato l'Anselmi passa all'impegno politico nella Dc. Un percorso esemplare della formazione politica della dirigenza politica in quegli anni: Laureata in Lettere all'Università Cattolica di Milano, divenne insegnante nella scuola elementare.
Eletta alla Camera dei Deputati nel 1968, riconfermata fino al 1992, nel 1976 è stata la prima donna alla guida di un dicastero, quello del Lavoro. Poco dopo ci fu, per due volte, la guida del ministero della Sanità, dall'11 marzo 1978 al 4 agosto 1979.
È stata presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2 e della Commissione sulle conseguenze delle leggi razziali sulla comunità ebraica.
Si è sempre occupata molto dei problemi della famiglia e della donna. Nel 2004 ha promosso la pubblicazione di un libro intitolato «Tra città di Dio e città dell'uomo. Donne cattoliche nella Resistenza» in cui ha riassunto la sua esperienza e quella di tante donne della sua generazione. Parlando del confronto che ebbe più volte con la Iotti e con gli esponenti del Pci ha detto: «Eravamo avversari, ma mai nemici». Aggiungendo: «Non che noi fossimo migliori dei politici di oggi, ma le nostre robuste ambizioni erano contenute da un comune sentire». A una data Tina attribuiva grande importanza: il 9 maggio del 1978, il giorno della uccisione di Aldo Moro. Diceva Tina, nel ricordare la sua esperienza di «staffetta» tra la casa del Presidente della Dc e la sede del partito, che «mai più nulla sarebbe stato come prima e che avremmo dovuto dare delle risposte e non fummo capaci di darle».
Non fu una ingenua Tina Anselmi, anzi si mosse con chiarezza e capacità all'interno di un Palazzo sconquassato da lotte inimmaginabili oggi. Un tempo duro. Non si deve dimenticare, e tanti lo ricordano oggi, che andava scoprendo intrecci e legami trasversali di ambienti squisitamente maschili: politica, massoneria, mondo militare e dei servizi segreti, gli intrecci con la criminalità organizzata e il potere finanziario e delle banche, a cominciare dallo Ior.
L'Anselmi attraversò tutto ciò con il suo coraggio e la sua riconosciuta voglia di non arrendersi mai e intuendo quali fossero i rischi che si correvano per il futuro. Scriveva in un appunto del 1982 dopo un incontro del 25 novembre con Orazio Bagnasco, banchiere:«Le P2 non nascono a caso, ma occupano spazi lasciati vuoti, per insensibilità,e li occupano per creare la P3, la P4...».
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