PALERMO. «L'antimafia sociale ha risvegliato la coscienza civile del Paese, ma ci sono state degenerazioni, emerse da inchieste su cui ha indagato anche la nostra Commissione. Ambiguità, doppiezze e intrighi vanno smascherati ovunque, sia che si tratti di giovani promesse calabresi come Giusy Canale, condannata per truffa, o di voci storiche come Pino Maniaci, ora indagato per estorsione; sia che si tratti di figure istituzionali di primo piano, considerati ovunque campioni di legalità». È il pensiero del presidente dell'Antimafia, Rosy Bindi, emerso in un messaggio inviato al comitato Addiopizzo e letto nel corso dell'incontro «Quale antimafia per il futuro?» con il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi, il sociologo Umberto Santino, presidente del centro Impastato, e il giornalista Attilio Bolzoni.
«Con la nostra inchiesta - prosegue il messaggio della Bindi - vogliamo salvaguardare il 'capitale moralè di un'esperienza straordinaria che non ha bisogno di essere mitizzata ma neanche delegittimata in modo generico. Penso all'indagine sul giudice Silvana Saguto. È accettabile - chiede Bindi nel suo messaggio - denigrare e smantellare tutto il sistema delle misure di prevenzione? O non è meglio cercare i varchi in cui possono infilarsi furbi e i disonesti e chiuderli? Vogliamo cambiare il sistema, e spero il Senato faccia presto».
«Anche le inchieste sul mondo dell'imprenditoria siciliana, sia quella conclusa con la condanna in primo grado all'ex presidente delle Camere di commercio di Palermo, Roberto Helg, sia quella ancora aperta nei confronti del presidente Antonello Montante, rivelano un uso distorto dell'antimafia. Eppure sarebbe un errore dimenticare la svolta coraggiosa di Confindustria Sicilia che dal 2007 ha deciso di espellere gli imprenditori compiacenti che pagano il pizzo. Una buona pratica che ordini professionali e altre associazioni tardano ad adottare, e anche per questo abbiamo aperto un'inchiesta sui rapporti tra mafia e massoneria».
La presidente conclude il suo messaggio con l'auspicio di rilanciare un'antimafia in grado di passare dalla supplenza alla corresponsabilità, «magari rinunciando alla parola antimafia, troppo abusata». «Penso che la commissione parlamentare antimafia dovrebbe fornire anche una valutazione dell'impatto antimafia di tutte le proposte di legge. Un parere preventivo che aiuti a individuare e chiudere i varchi che, anche nelle norme ordinarie, possono creare indirettamente vantaggi alla criminalità organizzata. In molti settori - appalti, sanità, gioco d'azzardo, gestione dei rifiuti - le infiltrazioni mafiose sono avvenute nel rispetto formale delle regole. La commissione oggi non può farlo, ma si tratterebbe di un'innovazione significativa, dal forte valore simbolico».
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