ROMA. La Corte costituzionale decide di non condizionare i lavori del Parlamento e, nel giorno in cui si avvia la discussione alla Camera, rinvia ad un futuro non determinato l'udienza sulle sorti dell'Italicum. Sorti che rientrano pienamente, e senza la spada di Damocle della Consulta, nelle mani del Parlamento e delle forze politiche. Ma il cammino a Montecitorio delle mozioni presentate da Sinistra Italiana e M5s sembra già in un vicolo cieco. Il Pd non si fida, soprattutto della sua minoranza, ed è orientato a bocciare le mozioni delle opposizioni e a non presentarne una sua per evitare problemi interni. Una riflessione è invece in corso per quanto riguarda una ulteriore mozione presentata da Ap per la quale, quando mercoledì si voterà, potrebbe scegliere l'astensione. La riflessione è comunque aperta e Renzi, in stretto contatto da New York con i gruppi parlamentari, sta studiando come lanciare un segnale concreto per una modifica della legge elettorale che sia funzionale al Sì al referendum. Una conferma che viene anche da Maria Elena Boschi che conferma l'apertura del Governo a modifiche rapide: le modifiche all'Italicum si possono «affrontare anche in questi giorni» ma il Governo, spiega, attende proposte da chi ha chiesto il cambiamento della legge elettorale. «Mi sembra - osserva - che al momento nè FI nè M5S sono intenzionati a cambiarle la legge elettorale in questa fase». Se la minoranza Pd è stranamente silenziosa oggi è toccato a Pierluigi Bersani tornare a punzecchiare i renziani: «io penso che non si possa imbastire una riforma costituzionale consegnandola a meccanismi democratici così regressivi quindi spero in un'iniziativa del Governo per evitare che i senatori nuovi vengano fatti a tavolino, che con il 25% uno pigli tutto e che i deputati vengano nominati non si sa da chi», ha ribadito l'ex segretario. Dal Pd fanno comunque sapere che c'è forte disponibilità a cambiare l'Italicum ma non in questo giro parlamentare aperto da Sinistra Italiana. Serve, per i Dem, una discussione che deve essere più approfondita di una mozione che non risolve la questione. Quindi l'ipotesi di una mozione targata Pd verrebbe al momento scartata. Fonti parlamentari spiegano infatti che l'orientamento al No ad una mozione del Pd sarebbe dettato anche dal fatto che la minoranza dem non la voterebbe mai perchè loro, spiegano le medesime fonti, non vogliono modificare l'atteggiamento sul referendum. Nel gruppo Pd resta aperta la riflessione sull'atteggiamento da mantenere nei confronti di Ap per la cui mozione già si ragione sullo strumento dell'astensione. Per il Pd quindi il rinvio della Consulta non cambia molto: Renzi stesso ha più volte detto che un'eventuale sentenza della Corte non avrebbe cambiato niente rispetto ad una iniziativa sull'Italicum. Quel che è certo è che la partita è ormai aperta e si apre una fase tattica nella quale tempi e modi diventano fondamentali e le forze politiche dovranno entrare nel merito dei loro «desiderata». Intanto il premier conferma che il rebus della data del referendum sulle riforme sarà sciolto da un Consiglio dei ministri la settimana prossima e da New York legge un clima più disteso: «basta un Sì, il vostro Sì. La settimana prossima, come previsto dalla Legge, il Consiglio dei Ministri fisserà la data del referendum. Sono molto contento - assicura nella consueta Enews - del fatto che il clima sia cambiato, finalmente, anche dopo alcuni confronti civili di questi giorni. Nessuno parla più di attentati alla democrazia e finalmente la discussione sta entrando nel merito».