ROMA. Venerdì è stato ad Arcore da Silvio Berlusconi. Ma a chi gli chiede se, dopo le dimissioni di ieri da capogruppo di Ap al Senato, nel suo futuro ci sia un approdo in Forza Italia, Renato Schifani risponde piccato: "Dinamiche che mi sono totalmente estranee". Altrettanto distante Schifani sente però il nuovo progetto politico centrista di Angelino Alfano: "Non lo condivido e non mi sento di spendermi come capogruppo per portare avanti questo obiettivo". Dimissioni dalla presidenza del gruppo al Senato, dunque, e "poi si vedrà". A stretto giro la risposta del leader che avverte, "prendo atto ma la linea non cambia". E annuncia in tempi rapidi la scelta da parte dei senatori del nuovo capogruppo. Una scelta che potrebbe essere fatta anche oggi. E tra i nomi che circolano vi sarebbero anche quelli di Laura Bianconi e Salvatore Torrisi. E' durata lo spazio di un attimo, dopo la riunione dell'altra notte e lo scongiurato redde rationem, l'unità dei centristi intorno al nuovo soggetto popolare che Alfano vuol far partire dopo l'estate con movimenti come quello di Flavio Tosi. A guidare il gruppo ora sarà il vice Luigi Marino e Schifani garantisce che non voterà mai in dissenso, finchè resterà in Ap. Ma sono pesanti come pietre le parole che usa, in una lettera di 4 pagine ai colleghi senatori, per spiegare le ragioni delle sue dimissioni, per correttezza anticipate al leader di Ap. L'impegno a costruire un nuovo centrodestra nel solco del Ppe "è stato via via nel tempo disatteso", dice. Peggio: "Non è stato onorato", sostenendo il governo Renzi "senza un minimo accordo preventivo di programma", con la linea "fallimentare" di alleanze variabili alle amministrative, con la promessa di un "tagliando di governo" mille volte rinviato. Fino a rendere necessaria "una scelta di coerenza" che Schifani ad Alfano aveva già annunciato nello scorso gennaio e che adesso affronta con l'orgoglio di consegnare un gruppo "in ottima salute", mai complice di "imboscate" al governo, fino al sì compatto al ddl sugli enti locali. Ma ora Schifani si slega le mani, giudica senza più "spazio temporale e politico" il progetto neocentrista di Alfano, a suo giudizio non chiaro nella proposta progettuale e nella collocazione identitaria. "Un mero tentativo di tenere in vita un gruppo parlamentare sotto l'egida di un futuro ambiguo, di una formazione politica tutta da costruire su iniziative ed idee che non provengono dal territorio, ma da stanze di palazzo", è l'epitaffio di Schifani. Quanto al futuro, resta da capire se seguiranno Schifani i diversi esponenti altrettanto critici, da Formigoni a Sacconi ad Esposito. E su quale percorso (il No al referendum, le critiche all'Italicum, il cosiddetto 'modello Milano') i malpancisti costruiranno un nuovo cammino. Di certo Schifani, in una giornata come questa, trova il modo per ricordare di essere stato "costretto con dolore a lasciare Silvio Berlusconi", di aver assistito "con disagio" negli anni alle dichiarazioni contro il Cavaliere di esponenti di partito e governo eletti sotto il simbolo di Forza Italia. E di aver "sempre mantenuto rapporti cordiali con i colleghi di Fi, con la barra ferma a centrodestra". Per ora dunque Schifani resta in Ncd. "Poi si vedrà...", dice lasciando immaginare che quel 'poi' non è così lontano.