ROMA. Il premier Matteo Renzi vola al vertice Nato con la consapevolezza di una maggioranza ricompattata dopo lo scoppio del 'caso' Alfano e il caos interno in Ap. Il rischio imboscata nel voto che si avrà la settimana prossima sulla legge sugli enti locali sembrerebbe scongiurato. Ma restano altri, difficili, nodi, a partire dalla sfida referendaria che, spiega il capo del governo nella sua enews, «è decisiva per l'Italia». Una sfida, rimarca Renzi confermando i tentativi di sminare il campo da ogni personalizzazione, che «se parliamo di contenuti» vedrà la vittoria del Si. Prima di ottobre - o inizio novembre, questo il 'range' al momento per la data del referendum - Renzi dovrà però rispondere alla richiesta, sempre più trasversale, di modificare l'Italicum provando allo stesso tempo a spegnere i malumori, per nulla sopiti, tra i centristi. Sul primo punto, sebbene Renzi non si esponga in prima persona e il ministro Maria Elena Boschi confermi che l'Italicum «funziona», una mano tesa ad alleati e non arriva dal vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. «Siamo aperti al confronto, ma solo su ipotesi concrete che abbiano una base solida a livello numerico», spiega facendo intendere come una modifica che avesse un largo supporto parlamentare potrebbe davvero far breccia. E anche chi, come il ministro Graziano Delrio, è un sincero fan dell'Italicum, ammette che «il Parlamento è sovrano e si vedrà. Il Vangelo è stato scritto da qualcun altro». Il modo per cambiare l'Italicum resta invece un rebus. Al momento l'unica modifica che vedrebbe parte del Pd, tutta la galassia centrista e (forse) anche Fi d'accordo, sarebbe il premio alla coalizione. Ma, avverte il presidente di Centro Democratico Bruno Tabacci, potrebbe non bastare perchè, nel frattempo, una coalizione di centrosinistra «non c'è più». Di certo, invece, una modifica spegnerebbe buona parte dei bollori in Ap, dove ieri un incontro tra Angelino Alfano e Renato Schifani è servito a separare la questione politica (con i dissidenti che restano convinti su un appoggio esterno già prima del referendum) dalla vicenda delle intercettazioni che coinvolgono il ministro. Le distanze interne, insomma, restano ampie ma la sensazione è che, a Palazzo Madama, in Ap non ci saranno imboscate. Forse il tentativo non c'è mai stato e se c'è stato è naufragato per assenza di carburante, fanno notare fonti vicine ai vertici di Ncd ribadendo la saldezza del governo. Ed è lo stesso Guerini, assicurando tenuta dell'alleanza di Ncd, a spiegare come Alfano «stia lavorando bene e non sia indagato». Alfano che, probabilmente per mercoledì, starebbe pensando di intervenire in Aula e chiarire una volta per tutte, di fronte alle opposizioni, la sua posizione. Se nel breve termine un collasso sotto la quota 161 al Senato appare scongiurato è in vista del referendum che, invece, le nubi cominciano ad addensarsi. Ed emerge, in queste ore, l'ipotesi di uno spacchettamento del quesito, promosso dai Radicali (che per la settimana prossima hanno in programma una mobilitazione straordinaria) e sostenuto tra l'altro da un membro del governo come Benedetto Della Vedova e dal centrista Maurizio Sacconi. Sul tema, nè Renzi nè Boschi oggi si pronunciano ma Stefano Ceccanti, costituzionalista tra gli ispiratori delle riforme renziane, bolla come «senza senso» l'ipotesi anche perchè dalle Camere è stato votato un unico testo. La partita, quindi, resterebbe quella tra il Sì e il No. Una partita che «non vinceremo evocando la paura», sottolinea Renzi definendo però «forti e comprensibili» gli allarmi che, tra gli analisti europei, cominciano a filtrare sull'Italia della vittoria del No.