ROMA. Scontro sempre più aperto nel Pd sul referendum costituzionale. Il ministro Maria Elena Boschi annuncia che, come il premier Matteo Renzi, nel caso in cui vengano bocciate le riforme a ottobre, anche lei farà un passo indietro «assumendosi insieme la responsabilità di un progetto politico portato avanti insieme». Ma è un commento alla decisione dell'Associazione Nazionale Partigiani di schierarsi a favore del fronte del «No» ad accendere la miccia delle polemiche: «Come direttivo nazionale l'Anpi ha preso una linea - afferma il ministro - ma ci sono molti partigiani, quelli veri, che voteranno »Sì« alla riforma». La minoranza dem insorge. «Come si permette la ministra Boschi di distinguere tra partigiani veri e partigiani finti? Chi crede di essere?», protesta Pierluigi Bersani che accusa il governo di «gestione politica sconsiderata e avventurista» e mette in guardia dal «rischio di creare una frattura insanabile nel mondo democratico e costituzionale». Le parole di Umberto Lorenzoni, partigiano con il nome di battaglia «Eros», gettano benzina sul fuoco: «I partigiani veri voteranno tutti per il «No». Non consentiremo che una dama bellina storpi la Costituzione conquistata con il sangue di migliaia di partigiani. L'Anpi ha votato e ha deciso all'unanimità di dire »No« alla riforma». Per la Boschi si tratta di «evidenti strumentalizzazioni». «Non mi sono mai sognata di dare patenti ai partigiani, nè di distinguere tra i partigiani veri o meno veri - afferma - ho solo detto che fra i partigiani che hanno combattuto la Resistenza, fra chi ha fatto la guerra, ce ne sono molti, come ad esempio il comandante Diavolo, Germano Nicolini, 97enne, che hanno annunciato il loro sì al referendum». A difesa del ministro interviene Ernesto Carbone, secondo il quale «tentare di strumentalizzare, come fa Bersani, è meschino». L'opposizione bolla le polemiche come una «faida interna al Pd» ed un tentativo di coprire «le difficoltà della maggioranza alle amministrative» di giugno. «Il Paese non riparte. Lo dicono Pil, numero degli occupati, cuneo e pressione fiscale che non scendono», commenta Giovanni Toti. Critico anche Luigi Di Maio del M5S: «La campagna referendaria la utilizzano per coprire i pessimi risultati che hanno paura di raggiungere. La Boschi minaccia addio? Potrebbe trasformarsi in un boomerang e tentare i cittadini». Per la Lega, invece, «è inaccettabile che la Boschi ribalti la posizione dell'Anpi, che arrivi a sostenere il contrario di quello che i veri partigiani pensano della riforma, perchè questo comportamento fa veramente pensare alla Repubblica di Salò», commenta Roberto Calderoli. Nel Pd il punto di divisione tra maggioranza e sinistra resta la legge elettorale che accompagnerà la riforma. La minoranza chiede cambiamenti all'Italicum. «Il mio »Sì« è vincolato alla riforma della legge elettorale - afferma il senatore Miguel Gotor - l'incertezza del voto austriaco ci consente di vivere in anteprima la sconsideratezza di un sistema come l'Italicum». Ma la Boschi non sente ragioni: «La legge elettorale l' abbiamo votata. È questa e funziona perchè evita di attuare gli inciuci. Abbiamo proposto riforme che tengono insieme riforma costituzionale e legge elettorale». Poi rilancia la palla: «Non votare le riforme in modo coerente con quanto hanno fatto in Aula è difficile da spiegare ai cittadini». I rapporti sono tesissimi. Gianni Cuperlo chiama in causa Renzi che, lanciando la campagna per il «Sì», aveva detto che chi è per il «No» «difende la poltrona»: «Tra i compiti fondamentali di una leadership c'è quello di tenere unito il partito. Io mi sono dimesso dalla presidenza del Pd per difendere le mie opinioni e Speranza si è dimesso da capogruppo alla Camera del partito in polemica col voto sull'Italicum. Se la polemica diventa questa è anche difficile rispondere...».