ROMA. Il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso della lista 'Sinistra per Roma - Fassina sindaco', ha ammesso la stessa a partecipare alle prossime amministrative per le elezioni del sindaco e dell'Assemblea capitolina. Lo ha deciso la III Sezione in sede giurisdizionale.
La lista che fa capo come candidato sindaco di Roma all'ex viceministro dell'Economia ed ex parlamentare Pd era stata esclusa dalla Commissione elettorale circondariale per una serie di vizi formali, essendo stata verificata l'assenza della data nei moduli di presentazione della lista stessa.
Il Tar aveva respinto il ricorso sul presupposto che "le firme sui modelli di accettazione della candidatura a cariche elettive e di presentazione delle liste devono essere autenticate" e "la mancata indicazione di tali modalità rende invalida la sottoscrizione". In sostanza, per i giudici di primo grado "il rilievo riportato nel verbale impugnato, secondo cui la mancanza della data 'comporta la nullità insanabile dell'atto di presentazione delle liste', deve essere ritenuto corretto in quanto aderente alle prescrizioni di legge che regolamentano la materia".
Riparte così la corsa di Stefano Fassina. "Felice per sentenza Consiglio di Stato - il commento del diretto interessato -. La sinistra torna in campo a Roma più forte di prima". Il Consiglio di Stato ha sottolineato "l'importanza del principio democratico della massima partecipazione alle consultazioni elettorali nei casi in cui le liste siano in possesso di tutti i requisiti sostanziali e formali essenziali richiesti dalla legge".
Insieme alle liste romane è stata 'riabilitata' anche quella di 'Fratelli d'Italia a al Consiglio comunale di Milano. "E' una sentenza molto importante che supera un orientamento consolidato sposando in pieno le nostre tesi - ha commentato l'avvocato Carlo Contaldi la Grotteria che, insieme con i colleghi Pietro Adami, Arturo Salerni e Paolo Pittori ha sostenuto le argomentazioni di Fassina -. Andrà esaminata con calma, ma già in questo momento si può dire che è molto importante e ci rende soddisfatti".
I giudici erano riuniti dalla mattina per prendere una decisione che, in ogni caso, avrebbe avuto conseguenze sulla campagna elettorale e sul voto amministrativo nella capitale. Da giorni, infatti, era già iniziata la corsa ai voti di sinistra, stimati dai sondaggisti attorno al 5-6%, e si consumava il conflitto dentro Sinistra Italiana: tra i supporter di Fassina da un lato e l'establishment romano di Sel dall'altro.
Ma il colpo di scena allontana, almeno per ora, la resa dei conti interna. "Dobbiamo perdere l'abitudine di considerare gli elettori dei pacchi postali che si spostano in base a chi scrive l'indirizzo. Non sono merce gli elettori", aveva detto in mattinata il candidato a sindaco Roberto Giachetti (Pd) che avrebbe potuto calamitare assieme alla sfidante Virginia Raggi (M5S) gli elettori di SI. Poi in serata l'auspicio: "Contento per Stefano e i suoi elettori. Andiamo avanti, convinti che il popolo di centrosinistra sarà unito al ballottaggio".
Matteo Salvini, intanto, ha ridimensionato le dichiarazioni sull'appoggio a Virginia Raggi del M5S in un eventuale ballottaggio senza l'alleata Giorgia Meloni. "Accordi o sottobanco con M5S per Roma? Sono fantasie pure... - le parole del leader della Lega - ho detto che al ballottaggio voterei Raggi perché anche nell'ultimo paesino d'Italia non voterei per Renzi nemmeno sotto tortura".
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