ROMA. Via libera definitiva dell'Aula della Camera alla legge sulle Unioni civili. Il testo è stato approvato a Montecitorio con 372 voti a favore, 51 contrari e 99 astenuti. La proclamazione del risultato della votazione è stata salutata da un forte applauso dai banchi del Pd. Applausi anche fuori della Camera dove un gruppo di attivisti ha salutato il voto con un boato.
L'Italia, sia pure tra polemiche e dure contrapposizioni, ha una legge sulle unioni civili, che dà riconoscimento giuridico alle coppie omosessuali, a sei anni dalla prima sollecitazione della Corte costituzionale al Parlamento a legiferare in materia, e a 17 dai Pacs della Francia.
L'approvazione è una "pagina storica" per il premier Matteo Renzi che ha posto la fiducia proprio per giungere il più rapidamente possibile al risultato. Ma il mondo cattolico è in subbuglio e il centrodestra reagisce rabbiosamente, con il leader della Lega Matteo Salvini che, surriscaldando ulteriormente un clima già infuocato, invoca l'obiezione di coscienza per i sindaci, invitandoli di fatto a non applicare la legge.
La parola passa ora al presidente Mattarella, che già molti tirano per la giacca affinché rinvii il provvedimento alle Camere, mentre il centrodestra è pronto a raccogliere le firme per un referendum abrogativo. La Camera ha nel primo pomeriggio votato la fiducia che il governo aveva posto sul ddl (369 sì, 193 no e 2 astenuti) e in serata ha approvato la legge (i regolamenti di Montecitorio separano i due voti), con 372 sì, 51 no e 99 astenuti.
Nella seconda votazione ai sì della maggioranza si sono aggiunti quelli di Sinistra Italiana e di diversi deputati di Fi (Elena Centemero, Stefania Prestigiacomo, Laura Ravetto, ecc). Al contrario alcuni deputati cattolici della maggioranza hanno votato contro (Paola Binetti e Alessandro Pagano di Ncd, Mario Sberna e Gianluigi Gigli di Ds) o non hanno partecipato al voto (Ernesto Preziosi del Pd). I 5 stelle, dopo un duro intervento in Aula Alfonso Bonafede, si sono inaspettatamente astenuti. Evidenti i malumori del mondo cattolico dentro e fuori il Palazzo, cresciuti dopo il ricorso alla fiducia.
Al di là dell'ala più radicale rappresentata dal Movimento del Family Day, anche altre associazioni finora più prudenti, come il Forum delle Famiglie, hanno fatto sentire la propria voce. L'idea della legge era stata metabolizzata, ma la fiducia ha dato l'idea - secondo chi ha contestato la procedura - che Renzi volesse tacitare sbrigativamente in Parlamento i dubbi, i distinguo o il dissenso dei parlamentari cattolici. D'altra parte il voto favorevole di Sinistra Italiana mostra un apprezzamento per la legge dal mondo che finora era stato più distante dal "partito della nazione" di Renzi, che fa dunque - si sottolinea - un'altra "cosa di sinistra" (dopo l'ingresso nel Pse) che gli ex Pci-Pds-Ds non avevano ancora realizzato.
Un altro motivo di tensione è l'annuncio in aula di Alessandro Zan (nell'applauditissima dichiarazione di voto per il Pd) che ora si deve metter mano al matrimonio egalitario e alle adozioni per i gay. Parole che hanno lasciato di sasso i deputati centristi della maggioranza. L'irritazione, palpabile in Transatlantico, è aumentata dopo che Renzi non ha escluso l'ipotesi ("non so se ci sono le condizioni parlamentari, vedremo nelle prossime settimane e mesi"). Proprio questo tema potrà essere uno dei punti trainanti per motivare un referendum abrogativo, che già domani verrà presentato alla Camera.
Renzi, dopo quello sulle Trivelle, ha sfidato anche questo referendum: "Siamo sicuro che avrebbe la maggioranza degli italiani? Non lo so. queste mi sembrano ipotesi di fantapolitica, politica politicante". Prima del referendum c'è il passaggio al Quirinale per la controfirma e già in molti, a partire dal portavoce del Family Day, Massimo Gandolfini, chiedono a Mattarella di rinviare la legge alle Camere. Intanto Salvini - vistosi ieri scavalcato a destra da Alfio Marchini - ha invitato i sindaci leghisti all'obiezione di coscienza. Si tratterebbe come ha ricordato il premier Renzi, di una violazione della legge. Giorgia Meloni ha detto che applicherà la legge, pur non condividendola, e lo stesso ha affermato Stefano Parisi: "se sarà sindaco di Milano applicherò la legge".
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