ROMA. «Credo nel bipolarismo. Per questo credo nel Partito democratico». Di fronte a un centrodestra frastagliato e mobile, di fronte allo 'spettrò della stallo spagnolo con il ritorno alle urne per la seconda volta in pochi mesi, Matteo Renzi ribadisce la sua 'professione di fedè. E assicura che le elezioni politiche arriveranno nel «febbraio 2018» a fare chiarezza dopo gli anni delle larghe intese parlamentari, grazie alla «rivoluzione spaziale» dell'Italicum, che «darà all'Italia un vincitore». Un messaggio rassicurante per gli elettori Dem, alla vigilia di appuntamenti importanti: il progetto non è un 'grande polo di centrò con dentro tutti.
Ma anche, sostengono fonti parlamentari, un modo per avvertire chi - minoranza Pd da un lato e verdiniani dall'altro - fa pressione perchè quella legge elettorale cambi. Nel giorno in cui Guido Bertolaso si ritira dalla corsa per il Campidoglio e Silvio Berlusconi fa convergere Forza Italia, con tutto il fronte moderato, su Alfio Marchini, diverse fonti Democrat sostengono che questa novità per il Pd è una buona notizia. Mentre prima Giorgia Meloni poteva convogliare una sorta di 'voto utilè di centrodestra e insidiare Roberto Giachetti verso il ballottaggio, adesso - è il ragionamento - i due nomi di centrodestra sono entrambi forti e si contenderanno tra loro i voti al primo turno.
Inoltre al ballottaggio il 'fronte moderatò potrebbe decidere di convergere sul candidato del Pd, di fronte allo 'spettrò dei 5 Stelle al governo della capitale. Ed è proprio sull'effetto 'europeè, sui timori che nelle città suscita l'ipotesi di una vittoria grillina, che i Dem scommettono per poter agguantare un risultato migliore delle aspettative. Anche per questo la campagna elettorale sarà tutta centrata sui risultati che il Pd ha realizzato al governo. Ma le comunali di giugno sono un appuntamento niente affatto semplice non solo a Roma, ma anche a Milano («Lì non possiamo permetterci di perdere», dice un renziano), Napoli, Torino.
Renzi ha ribadito a più riprese che si voterà sui sindaci e non sul governo e i parlamentari a lui vicini invitano a non leggere in chiave politica nazionale le singole partite. Anche per questo il premier, che ha ripreso a correre in giro per l'Italia (la settimana prossima - annuncia - «parleremo» del nuovo ministro dello Sviluppo), continuerà a battere sul tasto del governo e segnare la differenza rispetto agli 'altrì. Da un lato, dice nella diretta video #Matteorisponde, chi a Palazzo Chigi «lavora con l'elmetto in testa», dall'altro quei politici che vorrebbero «vivere di rendita», indulgere nel «piagnisteo» e concorrere al «campionato mondiale di alibi».
Sarà questo anche il refrain della campagna per il referendum di ottobre (la prima riunione operativa dei comitati per il sì è prevista l'11 maggio): «Se sarà sconfitto il fronte del sì ne trarrò le conseguenze perchè non sono un politico come gli altri e non sto attaccato alla sediolina, so che la politica è servizio», scandisce parlando ai cittadini via Twitter e Facebook. Sempre a loro parla quando assicura intransigenza contro la corruzione, rivendica di aver introdotto regole «dure», «tali da essere prese come punto di riferimento per il mondo intero». Ma di non aver «paura» di fare «di più». Intanto, fonti parlamentari ribadiscono che la convergenza con i verdiniani, che porta a un incontro tra i capigruppo di Ala e del Pd, non ha valore se non in chiave parlamentare. «Roberto Speranza ora attacca - osserva un deputato - ma era capogruppo quando governavamo con Berlusconi». L'Italicum proprio di questo, affermano i renziani, farà chiarezza: il Pd correrà da solo (senza, assicurano, nè Ncd nè Ala) e da solo potrà vincere, «sconfiggendo i populismi». Per questo quando su Twitter qualcuno invoca un 'grande polo di centrò, Renzi risponde con nettezza: «No, credo nel bipolarismo».
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