ROMA. Giorgia Meloni parla chiaro: «Io corro per vincere. Chi deve decidere, decida ora». Il tempo per aspettare un passo indietro di Forza Italia, e quindi di Guido Bertolaso, è ormai scaduto, la corsa al Campidoglio della candidata di Fratelli d'Italia parte dalla terrazza del Pincio nel giorno del Natale di Roma, senza il «solito guizzo» di Berlusconi che la Meloni ha atteso fino a pochi minuti prima dell'intervista-comizio che ha ufficialmente inaugurato la sua campagna elettorale.
Con lei sul palco anche il segretario del principale partito che sostiene la sua candidatura, la Lega di Matteo Salvini, che è riuscito a trasformare in applausi i fischi che poco prima del suo ingresso avevano indispettito Rita Dalla Chiesa durante un intervento a favore dei diritti gay. Ad ascoltarla anche Donna Assunta Almirante, affiancata da gran parte della nomenklatura di FdI e della Lega, compresa la capolista Irene Pivetti. Prima di sedere sulla poltroncina bianca con vista su piazza del Popolo e rispondere alle domande del giornalista Antonello Piroso, la Meloni ha voluto lanciare l'ultimo appello al «buonsenso» al Cavaliere. «Le mie porte sono aperte a tutti ma non aspettiamo più nessuno - ha sottolineato -. Di fronte a un'occasione così importante è secondaria la tattica di partito. Ho deciso di candidarmi quando ho capito che Bertolaso è un candidato che non può arrivare minimamente al ballottaggio.
Spero che gli altri abbiano altrettanto buonsenso». A rincarare la dose è stato anche Salvini. «Berlusconi - le parole del leader leghista - ha di fianco alcuni pessimi consiglieri che rischiano di rovinarlo. Lui è bravo a far di conto ma di fianco c'è qualcuno che lo vuole far perdere. Chi non appoggia Meloni aiuta Renzi e chi aiuta Renzi non sarà alleato della Lega». Tra bandiere tricolore, palloncini, cori e il Cupolone a fare da sfondo, la Meloni ha avvertito che «al ballottaggio gli apparentamenti non li facciamo».
Poi, in un'intervista di poco meno di un'ora, ha affrontato i principali temi che accompagneranno la sua corsa verso il Campidoglio, dalla lotta all'abusivismo commerciale al pugno duro nei confronti di rom e immigrati e contro l'accattonaggio, specie dei bambini. E poi una promessa: «Ci sarà una totale discontinuità» anche con l'esperienza Alemanno, «rispetto a quella incapacità di rompere gli schemi di potere del passato». L'inno d'Italia e l'immancabile selfie con gli elettori sullo sfondo chiudono l'ennesima frenetica giornata del centrodestra, mentre il sole tramonta sullo skyline della Città Eterna.
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