ROMA. Dalle aule parlamentari alle firme per il referendum: non si placa lo scontro interno al Pd sulle riforme. Ad innescare le nuove frizioni è stata oggi la mancata firma della richiesta di referendum da parte dei big della minoranza. Scelta che fa andare su tutte le furie il premier e segretario Pd Matteo Renzi. «Ormai non è più una novità: nel Pd c'è ormai una parte che fa opposizione su tutto», tuona il capo del governo da Città del Messico certificando di fatto che sulla battaglia referendaria d'autunno gli equilibri interni al Nazareno sono tutt'altro che assestati. A proporre la richiesta di consultazione popolare sul ddl Boschi, per la maggioranza, è stato il deputato Pd Matteo Mauri mentre, alla consegna delle firme in Cassazione, si sono presentati il capogruppo Ettore Rosato, Maurizio Lupi e Lorenzo Dellai quasi a dare un quadro plastico delle formazioni che, fra qualche mese, metteranno in campo la campagna per il Sì. Al Palazzaccio sono arrivate 237 firme raccolte in una manciata d'ore, questa mattina, dai gruppi di maggioranza alla Camera ma non è arrivata l'adesione alla richiesta della minoranza Pd. Nè Pierluigi Bersani, nè Roberto Speranza, nè Gianni Cuperlo hanno messo la propria firma. Questa richiesta «è una sgrammaticatura», è il commento di Bersani mentre Cuperlo osserva come sia «più logico, naturale e giusto che ad avanzare la richiesta di referendum sia chi la riforma non l'ha condivisa». Insomma, una scelta «di galateo istituzionale» per evitare che «chi si fa la legge voglia anche un plebiscito», è la motivazione fornita dalla minoranza Pd e spiegata anche da Miguel Gotor, uno dei senatori (assieme a Carlo Pegorer) che a Palazzo Madama non hanno firmato la richiesta. Richiesta alla quale invece hanno aderito almeno una decina di esponenti della sinistra Pd (da Maria Cecilia Guerra a Federico Fornaro) incrinando, di fatto, la compattezza della minoranza sul punto. «La decisione del referendum era stata presa tutti insieme, se qualcuno ha cambiato idea mi spiace ma non conta, perchè tutti insieme andremo a chiedere il consenso ai cittadini», avverte dal Messico Renzi mentre da Montecitorio Rosato, caustico, osserva: «Non posso pensare che ci sia un chiamarsi fuori da quella che è una battaglia storica del centrosinistra». Ma una decisione della minoranza a riguardo è ancora lontana. «Ora la priorità sono le amministrative», è infatti l'invito di Cuperlo e saranno proprio le Comunali - con una partita che a Roma, in caso di convergenza del centrodestra su Giorgia Meloni si fa per il Pd ancora più in salita - ad influire, in modo o nell'altro, sulle posizioni di una sinistra Pd mai davvero convinta dal combinato disposto riforme-Italicum. Un incrocio che i Comitato per il Sì invece si apprestano a sostenere. E se tra qualche giorno potrebbe già partire la caccia al testimonial (si fanno i nomi di Luciano Violante, Franco Bassinini e Arturo Parisi) la Rete dei Sì che farà formazione ai promotori dei comitati territoriali si è già attivata. Mentre già due mesi fa i centristi hanno messo in piedi il loro comitato per il sì, coordinato da Ferdinando Adornato. Comitato che, riunendo Ncd, Udc e verdiniani, si presenta quasi come l'embrione di quel partito centrista e liberale che non vede alternativa a Renzi. «I cittadini capiranno che la riforma costituzionale è fatta nel loro interesse, capiranno che una parte dei politici non la vuole perchè si riducono le poltrone: perciò il referendum otterrà il loro consenso». È dall'altra parte dell'Oceano, Matteo Renzi. Atterra a Città del Messico di primo mattino, accompagnato dagli amministratori delegati di cinque grandi aziende italiane, per «meno di 24 ore molto intense» soprattutto sul fronte dei rapporti commerciali. Ma il premier non perde mai di vista la sua partita politica più importante, il referendum di ottobre sulle riforme. E non cela l'irritazione per la scelta della minoranza Pd di smarcarsi, «come sempre», e non firmare la richiesta di referendum confermativo presentata dal Pd. «Ormai fanno opposizione su tutto, dobbiamo prenderne atto», dice Renzi a denti stretti davanti alle telecamere. E liquida il dissenso espresso da Bersani, Cuperlo e Speranza con un: «Mi spiace ma ce ne faremo una ragione». Il cammino, avverte il leader del Pd, ormai è tracciato: «noi comunque andiamo avanti». Anche perchè Renzi è convinto di vincerlo, il referendum: l'argomento più forte per ottenere il sostegno dei cittadini, è persuaso, è una freccia al suo arco. «È chiaro - dichiara, perchè gli elettori intendano - che una parte dei politici non vuole cambiare perchè il Senato non sarà più un luogo dove molti di loro possono prendere lo stipendio e poi si riducono i poteri delle regioni e gli stipendi dei consiglieri regionali». In Italia intanto, mentre in ambienti di governo si invita alla cautela e a evitare toni allarmistici su un tema così delicato, va avanti anche il cantiere per la flessibilità delle pensioni, con un incontro a Palazzo Chigi tra il sottosegretario Tommaso Nannicini e il presidente dell'Inps Tito Boeri. La settimana prossima dovrebbe arrivare anche l'atteso decreto sulle banche. Ma sono gli investimenti e le energie rinnovabili, oltre alla campagna per ottenere un seggio semipermanente all'Onu dal 2017 al 2019, i temi cardine della missione americana (un giorno in Messico, due a New York) del premier. A Città del Messico Renzi è accompagnato dagli amministratori delegati di Eni, Enel, Sace, Finmeccanica e dal responsabile America Latina di Pirelli. E dopo la vittoria da parte di Enel di una importante commessa sulle rinnovabili, Pirelli annuncia nel prossimo triennio un investimento da 200 milioni di dollari in una nuova fabbrica, che si aggiunge allo stabilimento di pneumatici per vettura a Silao, dove a fine 2018 l'investimento totale sarà superiore ai 600 milioni. Ma l'Italia punta anche sulle commesse per la difesa e sulle gare che si apriranno per la costruzione di un nuovo aeroporto da nove miliardi. Nel Palacio National Renzi vede il presidente Enrique Pena Nieto. «Italia e Messico possono fare cose importanti insieme - sottolinea il premier - è un momento di particolare intensità nei rapporti tra i nostri Paesi, tra qualche mese sarà qui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a metà giugno il ministro Franceschini inaugurerà il nuovo volo diretto Alitalia Roma-Città del Messico». Un passaggio importante per il turismo ma anche per continuare quella che Renzi definisce «un'operazione di investimento» nel Paese.