ROMA. Il referendum che si svolgerà domenica prossima, 17 aprile, riguarda l'estrazione di gas e di petrolio nel mare. I promotori, tra cui 6 regioni: Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania, chiedono di votare "SI" per non rinnovare le concessioni alle piattaforme che si trovano a meno di 12 miglia nautiche dalla costa.
Nel quesito, che riguarda solo la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia e non le attività petrolifere sulla terraferma, si chiede testualmente: "Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c'è ancora gas o petrolio?". Se vincerà il fronte del sì, sarà abrogato l'articolo 6, comma 17, del Codice dell'Ambiente quello secondo il quale le trivellazioni dovranno continuare fino a esaurimento del giacimento. E, di conseguenza, le concessioni verrebbero interrotte allo scadere del contratto, senza che ci sia quel rinnovo automatico attualmente in vigore e in contrasto, come sottolineano i promotori, con la direttiva europea che prevede l'obbligo di ricontrattazione di ogni concessione arrivata a scadenza.
Attualmente, secondo i numeri forniti dai vari Comitati per il "SI" e per il "NO", le concessioni attive sono 66 con 110-130 piattaforme operative. Di queste, solo 21 concessioni sono attive entro le 12 miglia e perciò di interesse per quanto riguarda il referendum: 1 in Veneto, 1 nelle Marche, 2 in Emilia Romagna, 2 in Basilicata, 3 in Puglia, 5 in Calabria e 7 in Sicilia. Non si hanno, invece, dati ufficiali che aiutino a capire quanto petrolio provenga dalle 21 concessioni entro le 12 miglia e quanto dalle 45 concessioni oltre le 12 miglia.
Le più vecchie richieste di estrazione ottennero concessioni trentennali negli anni '70 e alcune di queste hanno già ottenuto proroghe di 5 o 10 anni. Quelle che hanno ottenuto le concessioni in anni più recenti dovrebbero continuare a estrarre idrocarburi per 15-20 anni ancora.
Il problema, spiegano quelli del fronte per il "SI", è che con il rinnovo automatico delle concessioni, di fatto, si rinvia "sine die" anche l'obbligo di smantellamento delle piattaforme e di bonifica dell'ambiente circostante che graverebbe sulle compagnie petrolifere. Le piattaforme, infatti, secondo la denuncia dei promotori, si starebbero deteriorando nel mare con "grave danno per l'ecosistema". Senza contare "i danni che continua a provocare l'attività estrattiva" in acque "così vicino alla costa". Trattandosi di referendum abrogativo, è necessario il raggiungimento del quorum perché sia valido, cioè dovrebbe andare alle urne il 50% più uno degli aventi diritto.
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