ROMA. «La fermezza e la dignità dei genitori di Giulio Regeni sono davvero esemplari. Motivo in più per le istituzioni per insistere con coerenza e altrettanta fermezza. Sulle risposte egiziane sentiremo in primo luogo le valutazioni del procuratore Pignatone. Se non abbiamo risposte convincenti, compiremo i passi conseguenti». Lo afferma al Corriere della Sera, il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Il titolare della Farnesina spiega che dal governo egiziano vogliamo «la verità, ossia l'individuazione dei responsabili. Ci si può arrivare da un lato esercitando una pressione politico diplomatica costante, cosa che abbiamo fatto e stiamo facendo e che costituisce un deterrente contro verità di comodo, dall'altro con una collaborazione investigativa». «Quest'ultima - aggiunge - a nostro avviso deve fare un salto di qualità, perchè anzitutto non sono stati consegnati tutti i documenti e materiali che abbiamo richiesto. Inoltre occorre poter svolgere almeno una parte delle indagini insieme. La collaborazione non può essere solo formale. Lo stillicidio di piste improbabili moltiplica il dolore della famiglia e offende il Paese intero». Gentiloni parla anche di Libia: «L'obiettivo della stabilizzazione politica della Libia è oggi condiviso. Non è una posizione italiana, ma quella di tutta la comunità internazionale, sancita dall'ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Bisogna perseguirlo tenendo conto che il tempo non è illimitato. La mancanza di risultati nel percorso negoziale potrebbe far abbandonare questa impostazione». In quel caso l'Italia come si comporterebbe? «Non abbiamo mai negato - replica - la necessità del contrasto al terrorismo, solo che applicato alla Libia come unica opzione oggi rischierebbe di essere controproducente. Ricordo che ci sono 5 mila combattenti di Daesh, ma 200 mila tra quelli delle milizie locali e islamiche, molti dei quali potrebbero trasferirsi nelle file jihadiste. Oggi Daesh è vista soprattutto come una presenza straniera, combattuta da forze libiche. Il pericolo è di alimentare l'acqua nella quale nuotano con un'azione esclusivamente militare».