ROMA. "Tra il 'tutto mai' e 'un pezzo oggi' è meglio subito la legge: il rischio è la paralisi, la palude". In nome dell'interesse superiore ad approvare l'attesa legge sulle unioni civili, Matteo Renzi ottiene il via libera del Pd ad approvarla al Senato "entro la settimana" con un voto di fiducia, ma senza "un pezzo". Salta la "stepchild adoption", il diritto per gli omosessuali di adottare il figlio del partner.
E dovrebbero così arrivare quasi tutti i voti dei centristi di maggioranza. Protesta l'opposizione, M5s su tutti: la fiducia, accusano, è una forzatura inutile. E insorgono le famiglie arcobaleno, che dopo lo stralcio delle adozioni minacciano lo "sciopero del voto". Mentre a Palazzo Madama è scontro aperto sulle procedure tra il Pd e il presidente Pietro Grasso.
Alla stretta finale sul ddl Cirinnà si arriva, ironia della sorte, nel giorno del bilaterale tra Italia e Santa Sede nell'anniversario dei Patti Lateranensi. La legge, racconta il segretario di Stato vaticano Piero Parolin, è stata "evocata" nel colloquio serale con Renzi. E' "corretto", aggiunge Parolin, stralciare la "stepchild adoption" ma bisogna evitare che ci siano nel testo "grimaldelli" che consentano ai giudici di "equiparare" le unioni civili al matrimonio.
Ma il premier rivendica autonomia: "E' corretto che la Cei abbia la propria linea ma su molti aspetti non coincide con la nostra". Per portare a casa la legge, Renzi mette in campo tutto il peso del governo. Non lo avrebbe fatto, spiega ai senatori Pd riuniti in assemblea a Palazzo Madama, se la legge non avesse rischiato di essere "affossata da una strategia eterodiretta".
E' "incredibile", accusa, il "cinismo" dei Cinque stelle: pur di far del "male al Pd" hanno deciso un "inaspettato dietrofront, ma il Pd non si fa più prendere in giro, perché errare è umano, perseverare diabolico". E così il premier mette i suoi senatori di fronte "all'unica" scelta possibile: mettere la fiducia su un emendamento del governo che trascriva la legge Cirinnà con alcune modifiche già concordate nel Pd (gli emendamenti Lumia) ma con lo stralcio della "stepchild adoption" (il prezzo da pagare per ottenere i voti di Ncd). E' comunque, sottolinea Renzi, una scelta "molto rischiosa".
Anche perché i 'pasdaran' cattolici di Ap potrebbero "non votare la fiducia". Ma solo così, sottolinea, si può approvare in settimana - forse giovedì - la legge al Senato e poi "entro due mesi" anche alla Camera. La minoranza Pd protesta: "Un errore non seguire la strada parlamentare senza fiducia, così ci si consegna mani e piedi a Ncd", accusa Miguel Gotor. Ma al dunque, se oltre allo stralcio non ci saranno altre concessioni ai centristi, la sinistra Dem voterà la fiducia.
E mentre i cattolici Pd gongolano, dicono sì anche i 'pasdaran' della maggioranza Dem: da Monica Cirinnà ai Giovani turchi, che hanno ottenuto rassicurazioni sulla presentazione di una legge sulle adozioni per etero e gay. C'è chi, come Luigi Manconi, si riserva di decidere dopo aver letto il testo, ma tutto il Pd alla fine 'cede' la "stepchild". Angelino Alfano prova a strappare altri "ritocchi" sul testo ma l'accordo di maggioranza appare vicino. potrebbero votare la fiducia, per la prima volta, anche i verdiniani di Ala. Mentre dicono no FI e Lega, ma anche Sel e M5s.
"Il Pd è cacasotto, ha paura del Parlamento", accusano i grillini in conferenza stampa. E intanto ad alzare la tensione nel rush finale della legge c'è anche uno scontro in capigruppo tra Luigi Zanda e il presidente del Senato. Grasso decide infatti di dichiarare inammissibili tutti gli emendamenti "canguro", sia quello del Pd che i numerosi della Lega. Proprio sul "canguro" i Cinque stelle avevano fatto mancare i loro voti. Perciò, quando il presidente si pronuncia, i grillini esultano: "Avevamo ragione noi".
E il Pd si infuria con Grasso: "Se avesse deciso prima di eliminare i canguri - afferma Andrea Marcucci - la legge sarebbe stata approvata". Accuse infondate, replicano fonti della presidenza del Senato, perché della decisione di Grasso il Pd era informato. Le schermaglie potrebbero proseguire domani in Aula ma la via ormai è decisa: emendamento del governo e fiducia.
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