ROMA. Il giorno del 'canguro' Pd che avrebbe dovuto blindare il ddl Cirinnà si trasforma nella tappa più difficile per le unioni civili. E' un vero e proprio psicodramma quello che 'va in onda' nell'Aula di Palazzo Madama con il M5S che, dopo un pomeriggio di silenzio, sbatte in faccia al Pd il proprio 'niet' all'emendamento premissivo Marcucci sul quale già si era eretta la trincea di Ap, Fi e della Lega.
Per l'iter del ddl è un macigno, tanto che al Pd non resta che accogliere la richiesta di sospensione dei lavori avanzata da Sel e giocarsi le ultime carte per una trattativa al fotofinish nella notte. Ma la "mossa" del M5S "rende più impervia una strada che era già significativamente impervia", ammette in serata il ministro della Giustizia Andrea Orlando.
E nel Pd, nel frattempo, emerge la furiosa reazione contro i grillini. Il loro "è stato un voltafaccia gravissimo che mette a rischio elevatissimo una legge sulla tutela dei diritti di una minoranza del Paese", tuona il capogruppo Dem Luigi Zanda assicurando che la legge, comunque, "ha buone chance" di farcela. E secca arriva la replica del Movimento: "il Pd non scarichi le responsabilità, il nostro voto sul ddl continua ad esserci ma nel rispetto del dibattito parlamentare". A questo punto il Pd ha una notte per trovare una via d'uscita.
Lo stesso Marcucci fa sapere come il suo emendamento premissivo resti ma, per blindarlo, servirà trovare un accordo interno con i Cattodem, contrari al canguro a meno che non sia spacchettato e cercare, allo stesso tempo, nuovi contatti con il M5S. E, tra le ipotesi, neppure quella dello stralcio della stepchild può essere esclusa: in tal caso, infatti, si ricompatterebbe il Pd trovando anche un significativo punto di contatto con Ap. La giornata, del resto, non era iniziata nel migliore dei modi. La riunione richiesta da Ap in mattinata per trovare un'intesa tra Pd, Lega e Fi sul ritiro degli emendamenti termine in un nuovo e definitivo nulla di fatto, con il Pd fermo nella volontà di mantenere il 'canguro' a prima firma di Andrea Marcucci a fronte degli emendamenti premissivi lasciati dalla Lega dopo l'annunciati taglio delle sue 4500 proposte di modifiche.
"La parole del Pd vale quanto un peto", sbotta il capogruppo del Carroccio Gian Marco Centinaio che poi, in Aula, "sfida" direttamente il Pd a ritirare il canguro contestualmente ai 4500 emendamenti leghisti. Ma sul 'canguro' - che blinda il contestato principio della stepchild adoption ex art.5 - si addensano già in mattinata anche le nubi Cattodem.
"Ci sia la votazione per parti separate, siamo contrari al fatto che una legge non discussa in commissione non sia discussa anche in Aula", avverte la senatrice Rosa Maria Di Giorgi contando sul fatto che, in Aula, i centristi avrebbero certamente richiesto lo spacchettamento dell'emendamento in due parti: una prima sui diritti/doveri delle unioni civili e una seconda sull'adozione speciale (la cui approvazione a voto segreto è tutt'altro che sicura).
Richiesta, quella Cattodem, che il Pd non accoglie scegliendo di andare in Aula senza spacchettare il canguro. Nel frattempo, in una riunione tesa, il M5S decide di 'non scoprire' le sue carte, optando per farlo solo nel tardo pomeriggio, in Aula, quando Alberto Airola, con voce tremolante, annuncia: "non posso costringere il mio gruppo a votare il canguro". In Aula è il caos. La capogruppo del Misto Loredana De Petris chiede la sospensione della legge per evitare che si vada subito a un voto 'funesto' sull'emendamento-canguro. La richiesta viene accolta con 155 sì, 141 no e 3 astenuti: il Pd vota compatto a favore e decisivo risulta l'aiuto dei verdiniani mentre il M5S vota no. Per il Pd già quella creatasi sul rinvio dei lavori a domani mattina è una "maggioranza su cui si può contare".
Una maggioranza, però, che in caso di voto sul canguro deve fare i conti con il fronte Cattodem, in queste ore vero 'ago' della bilancia della conta in Aula.
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