ROMA. «La Repubblica va curata» e non usata «per le convenienze del giorno per giorno». Ai poteri dello Stato si chiede di «collaborare lealmente per il bene comune» e non di affrontarsi in «competizioni e conflitti» che allontanano ancor più la gente dalla politica. Questo è il cuore del messaggio del presidente della Repubblica alle Alte cariche dello Stato riunite al gran completo al Quirinale per il primo saluto di fine anno della gestione Mattarella. Ma la vicenda delle banche locali corrode sotto traccia l'attività del Governo e fa fibrillare i rapporti tra istituzioni diverse. Sergio Mattarella non ignora la portata di uno scandalo che non deve rimanere ancora a lungo «in prima pagina» e lo affronta di petto. «Di fronte a gravi e recenti episodi relativi ad alcune banche locali che hanno suscitato comprensibile preoccupazione, occorre un accertamento rigoroso e attento delle responsabilità. Sono di importanza primaria la trasparenza, la correttezza e l'etica», sottolinea con voce preoccupata il capo dello Stato mentre il premier Renzi, il Governatore di Bankitalia Visco e lo zar dell'anticorruzione Cantone ascoltano con attenzione nel salone dei Corazzieri strapieno di ministri, parlamentari e «grand commis». Ma non basta: i risparmiatori sono la nervatura della società italiana e leva fondamentale per il finanziamento dell'economia reale: «avere cura della Repubblica - ripete Mattarella - vuol dire anche tutelare e valorizzare il risparmio, elemento di forza caratteristico della nostra economia». Ben 15 cartelle di discorso, preparato con attenzione, nel quale il capo dello Stato si rivolge a una platea qualificata (diversi saranno temi e toni del discorso di fine anno agli italiani) per un richiamo generalizzato all'etica della politica, alla moralità e legalità con ripetute sottolineature alla necessità di non perdere «l'opportunità» di una ripresa debole ma reale. Gioca a tutto campo, il presidente. Chiedendo con forza di chiudere le riforme entro la legislatura perchè «il senso di incompiutezza rischierebbe di produrre ulteriori incertezze e conflitti, oltre ad alimentare sfiducia». Ma Mattarella non si limita a parlare delle riforme costituzionali, vuole di più. Si è accorto dall'osservatorio del Colle quali e quanti siano i problemi legislativi, le procedure farraginose, i regolamenti parlamentari bizantini che rallentano il Paese. E aggiunge un passaggio tutto dedicato all'esecutivo: «si avverte fortemente l'esigenza di un riordino e di un recupero di razionalità nel processo legislativo. Le riforme non riguardano solo l'organizzazione costituzionale, ma dovranno anche imprimere una svolta rispetto all'uso improprio di strumenti e procedure». E certamente il presidente si riferisce anche alla necessità di un rientro nella normalità anche per quanto riguarda i decreti «monstre» che contengono al proprio interno di tutto e di più. C'è spazio nell'intervento del presidente anche per un netto richiamo ai valori fondanti dell'Unione europea, alla solidarietà verso chi fugge da guerre e dittature, e ai rischi di ritorno a «periodi bui del recente passato». «L'Europa è la dimensione minima attraverso la quale gli Stati membri dell'Unione possono attuare una politica efficace. È un'illusione pensare di proteggersi con muri e fili spinati. È un errore storico ritardare la necessaria azione comunitaria in tema di accoglienza, di riconoscimento e ricollocazione dei rifugiati, di contrasto ai trafficanti di esseri umani, di rimpatri, più in generale di politiche dell'immigrazione». Un monito che si chiude con una bocciatura diretta a una proposta shock di un Paese dell'Unione come la Danimarca che sta discutendo la possibilità di espropriare bene e valori ai migranti. «Assume un sapore crudelmente beffardo ferire la dignità stessa dei migranti prevedendo addirittura di spogliarli dei beni» come «si propone di fare un Paese della Ue: una misura che riconduce alla memoria i momenti più oscuri dell'Europa», afferma il presidente evocando gli orrori del nazi-fascismo.