ROMA. «Una moratoria sulle primarie», perchè gli italiani non abbiano l'impressione che mentre avanza la minaccia terrorista il Pd passa il tempo a parlarsi addosso. La proposta viene lanciata da Matteo Renzi al termine di tre ore di discussione della direzione Pd sulla politica estera. Ma soprattutto al termine di una lunga giornata di polemiche. Nate dalla proposta dei vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani di escludere dalle primarie per la scelta dei sindaci alle prossime amministrative gli ex primi cittadini, come Antonio Bassolino e Ignazio Marino. Si deciderà a metà gennaio, rinvia Renzi. Che difende però, nonostante le perplessità del Pd milanese e della minoranza, l'idea «ragionevole» di tenere un unico «primarie Day» il 20 marzo. Non è il tempo delle polemiche, è il tempo di dimostrare che, di fronte a sfide a dir poco «intense», il Pd ha «spirito di comunità», sa essere unito. Ne è tanto convinto Renzi che ringrazia Roberto Speranza e Gianni Cuperlo di aver spostato al 12 dicembre, nei giorni della Leopolda, la loro «contro Leopolda», pur di non accavallarla con l'iniziativa dei banchetti per il tesseramento che il 5 e 6 dicembre terrà in mille piazze italiane. Per questa stessa ragione, un tema politicamente esplosivo come le primarie per le amministrative che dovrebbero svolgersi il 12 giugno, sarà affrontato solo a metà gennaio, dopo che la Camera avrà dato il via libera alla riforma costituzionale e partirà la volata al referendum di ottobre. Solo a quel punto, annuncia Renzi, si discuterà in direzione Pd di regole, nomi e date. Accende lo scontro però la proposta del segretario premier di tenere le primarie in un unico giorno, il 20 marzo. Perchè, spiega Giuliano Pisapia, a Milano restano fissate al 7 febbraio: quella data è stata già fissata «con la coalizione» e solo se son tutti d'accordo, avverte il sindaco uscente, si potrà cambiare. E mentre l'ex Dem Alfredo D'Attorre, oggi in Sinistra italiana, già denuncia una «centralizzazione» delle decisioni che «consacra la deriva verso il Partito della nazione», anche la minoranza Pd alza la voce. Il sospetto, esplicitato a più voci, è che la proposta dei vicesegretari Pd sia una norma 'ad personam' per escludere Ignazio Marino a Roma e, soprattutto, il neo candidato Antonio Bassolino a Napoli. Nulla del genere, ribattono fonti Dem: innanzitutto la proposta è politica e non si tradurrebbe in una modifica allo statuto e poi escluderebbe lo stesso Renzi da una eventuale candidatura a Firenze. Ma dubbi emergono anche tra i renziani: «chiudendo» le primarie Renzi tradirebbe se stesso, osservano. Perciò Antonio Bassolino si dice «sicuro che la saggezza di Renzi correggerà dichiarazioni impolitiche» e va avanti con la sua campagna elettorale: «Forza, avanti altri candidati», è la sfida dell'ex sindaco di Napoli, che afferma che «se si volevano cambiare le regole bisognava farlo prima, non ora che il treno è già partito». «Quando si cambiano le regole ad personam, non va mai bene», concorda Gianni Cuperlo. E Roberto Speranza: «I problemi politici si affrontano con la politica, non cambiando le regole». Nico Stumpo afferma: «Servono soluzioni politiche non raggiri burocratici». Il sospetto della minoranza Dem è che si vogliano imporre scelte dall'alto per aprire un varco alle amministrative al partito della nazione. L'accusa di Miguel Gotor è aver permesso sotto le vesti della rottamazione una operazione di trasformismo. A difesa di Bassolino interviene anche Umberto Ranieri, considerato possibile candidato («No a inaccettabili discriminazioni»). Mentre salgono le quotazioni dei nomi del Dem napoletano Leonardo Impegno e di Riccardo Monti, un 'civicò, presidente dell'Ice e consigliere del board della fondazione Kennedy. Quanto a Roma, la discussione sui nomi appare «impantanata» mentre tornano a circolare voci su un possibile rinvio delle elezioni a fine anno, ma fonti vicine a Renzi smentiscono che al momento sia un'ipotesi.