ROMA. «Abbiamo una giustizia penale che pesta acqua nel mortaio con gran spreco di risorse e nessuna reale efficacia dissuasiva. Su un piatto della bilancia, la certezza di arricchirti a spese della collettività, sull'altro piatto il rischio, se ti scoprono, di subire un processo destinato a un nulla di fatto per prescrizione. Se sei proprio sfortunato, il peggio che può accaderti è che una volta la settimana vai a passare qualche oretta a fare assistenza agli anziani. Se poi non sei uno sprovveduto e non tieni il malloppo sui tuoi conti bancari, non rischi neppure la confisca». Così Roberto Scarpinato, procuratore generale a Palermo, in un'intervista al fatto Quotidiano. Tutto ciò «è frutto di una politica criminale fallimentare che in quest'ultimo quarto di secolo ha ruotato intorno a una triade micidiale: minimizzazione delle pene edittali per i reati dei colletti bianchi, prescrizione breve, processo lungo», dice Scarpinato, secondo cui «oggi in Italia il processo penale è una gara truccata a favore degli autori dei reati». «Sempre più spesso - aggiunge - si assiste al fenomeno del concorso esterno di mafiosi negli affari sporchi dei colletti bianchi». «Se avessimo dovuto combattere la mafia con gli stessi strumenti disponibili contro la criminalità dei colletti bianchi, oggi la mafia signoreggerebbe da Bolzano a Palermo», afferma Scarpinato. Di soluzioni «ce ne sono molte, ma tutte impraticabili per insuperabili resistenze politiche. La più semplice consisterebbe nell'includere i reati contro la P.A. nell'elenco previsto dall'art.157 del codice di procedura penale che prevede un raddoppio dei termini di prescrizione».