ROMA. «Ci avevano provato con la Panda rossa, i funerali di Casamonica, la polemica sul viaggio del Papa. Se non fossero arrivati questi scontrini, prima o poi avrebbero detto che avevo i calzini bucati o mi avrebbero messo della cocaina in tasca». È lo sfogo del sindaco dimissionario di Roma, Ignazio Marino, in un'intervista a La Stampa. Sulle note spese contestate, Marino si difende: «Io non so cosa ci hanno scritto sopra. Ho consegnato gli scontrini agli uffici, come si fa in questi casi. Non escludo che possa esserci stata qualche imprecisione da parte di chi compila i giustificativi», e ribadisce di essere «disposto a pagare di persona le mie spese di rappresentanza di questi due anni: 19.704,36 euro. Li regalo al Campidoglio». Marino rivendica di aver «rotto le uova nel paniere del consociativismo politico», ricorda che «Roma sarà parte civile nel processo di Mafia Capitale. Noi abbiamo tagliato le unghie a chi voleva mettere le mani sugli affari» e ora si augura che «chi verrà dopo di me non riporti Roma indietro». Afferma poi che in questa vicenda nel Pd «mi hanno espresso vicinanza in due. Il ministro Graziano Delrio e Giovanni Legnini, entrambi molto avviliti per quanto accaduto». E in Comune «dieci consiglieri del Pd su diciannove» piangevano. Su Renzi dice: «Non avendo avuto l'opportunità di parlare col presidente del consiglio, non ho potuto conoscere qual è il suo giudizio». Nessuna minaccia - aggiunge - dietro la puntualizzazione di avere 20 giorni per ritirare le dimissioni: «Prendo atto che Pd e Sel, due partiti della maggioranza, hanno chiesto le mie dimissioni. E un chirurgo non può restare in sala operatoria senza il suo team». Ora «la decisione non è più nelle mie mani. E io sono l'ultima persona al mondo che vuole occupare una poltrona».