ROMA. Nel giorno del ritorno sulla scena politica, Silvio Berlusconi frena sulle primarie e prende tempo sul futuro leader del centrodestra. Di una cosa, però, l'ex premier si dice convinto: Forza Italia, Lega e Fdi, insieme, raccolgono più voti del Pd. L'ex premier si lascia comunque tutte le strade aperte: blandisce Matteo Salvini, ma senza indicarlo come unico pretendente al 'trono' della coalizione. Quanti si aspettavano parole definitive, dunque, rimangono delusi e si dovrà attendere la riunione dei gruppi azzurri, convocata per mercoledì, per sapere se l'ex Cavaliere sarà in grado di rassicurare il partito e frenare l'emorragia di parlamentari che sta dissanguando Forza Italia. Nonostante gli sforzi dell'intervistatore Nicola Porro, c'è molto passato nell'intervista sul palco di Atreju, la kermesse organizzata dalla leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. Quanto al futuro, le parole di Berlusconi sono tutt'altro che definitive: «Se vedo leader forti? Qualche volta, quando mi specchio», risponde (forse) scherzando. Poi, dopo aver ribadito l'impegno in politica, ricorda che i leader «prima o poi vengono fuori». Come Renzi che «è sbucato da sotto il tavolo». Quanto al leader della Lega, Berlusconi ne riconosce le doti comunicative, ma niente di più: «Chapeau per il modo in cui sa parlare alla pancia della gente, è molto utile per il centrodestra». Detto ciò, l'idea delle primarie non lo entusiasma: sono uno strumento «plausibile» se ci sono solo «seconde file», ma in presenza di «leader carismatici» non servono. La replica di Salvini non si fa attendere. Ed è piccata: «Ringrazio Berlusconi, ma io e la Lega non parliamo solo alla pancia della gente, ma anche alla testa». Gli altri due passaggi significativi nell'intervento dell'ex premier riguardano i transfughi da Forza Italia ( «mestieranti» che «deo gratias» hanno lasciato il partito che usavano come un «taxi») e le riforme. L'ex premier spegne le speranze di quanti speravano in un sostegno di Fi alla modifica della Costituzione: sono un «pasticcio» e il rischio è che vi sia una «deriva autoritaria». Del resto, aggiunge con uno sguardo al passato, abbiamo avuto «quattro golpe» e ormai «non siamo più una democrazia». Intanto, sul fronte del Carroccio, Salvini cerca di sgombrare il campo dalle polemiche, sostenendo che è prematuro occuparsi di alleanze e leadership. Lo fa rispondendo alla ricostruzione di Repubblica, secondo cui il leader leghista starebbe pensando a Zaia come candidato premier della futura coalizione di centrodestra. «Zaia è un grandissimo, però prima c'è da costruire la cacciata di Renzi e l'arrivo al Governo», sottolinea il leader leghista. Insomma, Salvini bolla le indiscrezioni come mere «fantasie», mentre lui è preoccupato solo del «territorio» e della «difesa dei confini» italiani. Sembra credere all'ipotesi, invece, lo stesso Zaia che ringrazia il suo leader, ma si schermisce: «Premiership? Sono troppo impegnato e concentrato sulla Regione per poter permettermi altre distrazioni». Nel centrodestra, comunque, il tema delle alleanze continua a surriscaldare il dibattito. Le amministrative si avvicinano e Giovanni Toti è convinto che saranno delle «elezioni di mid term» che Renzi «rischia anche di perdere». Il governatore ligure dice di avere un «atteggiamento laico» rispetto alle primarie e confida in un accordo al tavolo del centrodestra. Mentre proprio dal palco in cui ha parlato Berlusconi, Giorgia Meloni lancia l'idea di primarie con «ticket automatico»: l'unico modo per mettere tutti d'accordo, afferma, è quello di «fare le primarie» e «i primi due che arrivano faranno il ticket automatico».