ROMA. È da prima dell'estate che il governo cerca di lasciare il famoso cerino acceso delle riforme nelle mani di Grasso. Tocca a lui decidere sull'ammissibilità degli emendamenti e se dichiarerà di nuovo modificabile l'articolo 2, «vero cuore della riforma», manderà «all'aria l'intero testo», dicevano ministri e sottosegretari. E anche Renzi, in vari interventi pubblici, ha sempre chiamato in causa il presidente del Senato per avvertirlo della responsabilità che gravava sulle sue spalle. Ma è oggi che il premier avrebbe «superato ogni limite», secondo Sel e i 5 Stelle, «minacciando addirittura» una convocazione delle Camere nel caso in cui Pietro Grasso aprirà alla possibilità di emendare l'articolo 2 sul quale Senato e Camera si sono già espressi. «Il presidente del Senato - dice Renzi durante la direzione del Pd - ha lasciato intendere che potrebbe aprire alla modifica di una norma già approvata con doppia conforme. Se così fosse sarebbe opportuno fare una riunione congiunta Camera-Senato, perchè si tratterebbe di un fatto inedito...». L'ennesima «tirata per la giacca» di Grasso da parte del premier scatena la polemica politica, con Niki Vendola che definisce «inaudito» il fatto che il capo del governo minacci uno dei vertici del Parlamento, e viene accolta con un certo stupore da parte del presidente del Senato per «l'enormità» dell'«invasione di campo» in quelli che «sono i poteri delle Camere», come commentano alcuni senatori del M5S. Interpellato lo staff di Grasso per capire quale sia stata la reazione, si apprende che la seconda carica dello Stato avrebbe «sorriso ascoltando la frase del premier nel suo studio di Palazzo Madama in attesa della smentita». «Smentita» che arriva dopo quasi un'ora. «Vendola dice che io avrei minacciato Grasso - precisa Renzi - ribadisco allora quello che ho detto: se il presidente del Senato apre in generale sulla doppia conforme, è ovvio che si dovrà fare una riunione dei gruppi Pd di Camera e Senato per ragionare su questo fatto». Quindi aggiunge quasi ironico: «Nei poteri del premier non c'è quello di convocare le Camere...». Fatto che fa ricordare ai più l'episodio di qualche giorno fa quando fonti di governo avevano anticipato la convocazione della Conferenza dei Capigruppo di Palazzo Madama, con tanto di orario («alle 15»). Anche in quel caso si dovette correggere il tiro dicendo che «tale potere spettava al presidente del Senato su richiesta» dei gruppi di maggioranza. Parlando con senatori vicini a Grasso si apprende comunque come il continuo pressing su di lui da parte del governo non risulti affatto gradito anche perchè la sua «bussola» sarebbe stata sempre e solo quella del rispetto di leggi e regolamenti. E anche sul fatto che si possa emendare una norma già posta a una doppia votazione «esistono un'infinità di precedenti», si fa notare. Pertanto, qualora la sua decisione dovesse andare in questo senso, e non è ancora detto, «non sarebbe ravvisabile alcun inedito». «Di fronte a tale intimidazioni - commenta Loredana De Petris (Sel) - spero che ci sia qualcuno che faccia comprendere a Renzi il rispetto della Costituzione». «La Costituzione è di tutti - incalza Gianluca Castaldi (M5S) - non del premier che lancia diktat ai parlamentari». A fine Direzione Renzi cerca ulteriormente di calmare le acque assicurando che il presidente del Senato «gode del rispetto di tutti gli uomini e le donne del Pd». Ma se farà «una scelta diversa» da quella che si attende «valuteremo gli effetti in un'assemblea congiunta di Camera e Senato e se farà una scelta che ragionevolmente sta nella consuetudine costituzionale ci attrezzeremo e presenteremo gli emendamenti collegati». Il tutto, però, rincara la dose, dovrebbe avvenire anche con una certa fretta: entro il 15 ottobre.