ROMA. Per voltare pagina dopo lo scandalo di mafia Capitale e affrontare, in tempi stretti, il Giubileo alle porte, il Consiglio dei ministri vara un pacchetto che impegna il prefetto Franco Gabrielli e il sindaco Ignazio Marino a lavorare insieme per un piano di risanamento.
Nè il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, nè il sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti pronunciano mai, nella conferenza stampa seguita alla riunione di governo, la parola «commissariamento», se non per negarlo. «Non c'è nessun commissariamento, ma un ruolo di raccordo del prefetto di Roma analogo a quello del prefetto di Milano per Expo», assicura De Vincenti. E in effetti tecnicamente Roma non viene commissariata. Ma nei fatti i poteri di indirizzo affidati a Gabrielli vengono fortemente ampliati e rappresentano dei
paletti entro cui l'amministrazione capitolina dovrà muoversi.
Esattamente come all'interno dei paletti finanziari imposti dal bilancio comunale, Roma dovrà trovare le risorse per i lavori del Giubileo, visto che non sono previsti stanziamenti ad hoc, mentre potranno essere accelerate le procedure di gara, sulle quali supervisionerà l'Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Alfano ammette i «gravi vizi procedurali» che hanno
caratterizzato la situazione dell'amministrativa capitolina; ma i presupposti per il commissariamento, dice, non ci sono. Solo per il municipio di Ostia il livello di infiltrazione mafiosa è stato giudicato tale da imporre lo scioglimento e l'affidamento della gestione a una commissione presieduta dal prefetto Domenico Vulpiani.
Per far «cambiare rotta» al Comune di Roma, invece, scatta un «supporto da parte del ministero dell'Interno» che si realizzerà attraverso il prefetto Gabrielli; mentre commissario al debito è stata nominata, con decreto del presidente del Consiglio Renzi, Silvia Scozzese, ex assessore al Bilancio della Capitale. «I settori più compromessi» dalla 'cordatà Buzzi e soci saranno soggetti a un piano di risanamento che prefetto e sindaco dovranno condividere, ha spiegato il titolare del Viminale: sotto la lente finiscono verde pubblico e ambiente, emergenza abitativa, immigrati e campi nomadi. Ma saranno passati al setaccio anche i regolamenti comunali sull'affidamento dei lavori, prevedendo la revoca in autotutela delle commesse senza regolari procedure di gara, un albo delle ditte fiduciarie, il monitoraggio della centrale unica degli acquisti, una verifica e una revisione dei contratti, compresi quelli di servizio con la società gestione rifiuti Ama Spa.
Giro di vite anche sui dirigenti, con l'avvio dell'iter per la loro rimozione, dove necessario. Ancora in ferie oltreoceano, Marino è stato oggi il convitato
di pietra. Su di lui Alfano non si è sbilanciato in giudizi, passando la palla a De Vincenti, che sul primo cittadino ha tirato dritto, tessendo le lodi del suo vice, Marco Causi, per il lavoro che «sta svolgendo egregiamente», «in stretto contatto con il sindaco». Quest'ultimo, da parte sua, affida il suo commento a una dichiarazione, in cui si dice «soddisfatto per le decisioni che arrivano dal Governo: si è tolta dal tavolo l'ipotesi dello scioglimento del Campidoglio e le parole di Alfano spazzano via i rumors sul commissariamento», afferma.
Ma da Lega, Forza Italia e Cinque Stelle piovono critiche. M5S accusa Renzi di aver salvato Marino per paura di tornare alle urne e di una vittoria dei grillini. Matteo Salvini prima scrive su facebook «Marino e Alfano a casaaa! Chi sbaglia paga», poi invoca lo scioglimento immediato del Comune capitolino. Il
partito di Berlusconi fotografa come una «sostanziale defenestrazione» quella decretata per Marino, «d'ora in poi un sindaco pro forma», e in una nota in cui fa capolino anche il nome del possibile, futuro candidato azzurro per il Campidoglio, Alfio Marchini, chiede che Roma torni al voto.
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