ROMA. Basta parlare di compiti a casa, sull'immigrazione «l'Italia fa quel che deve» e anche «molto di più, salvando decine di migliaia di vite umane e accogliendo i profughi». Così il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni in un'ampia intervista al Corriere della Sera risponde al richiamo di Merkel e Hollande sull'apertura dei centri di registrazione per i migranti entro l'anno. Per Gentiloni la Convenzione di Dublino è superata e ora la questione essenziale è «l'europeizzazione della gestione dei flussi, cioè un diritto d'asilo europeo, con definizione comune della titolarità e politiche di rimpatrio comuni». Gentiloni ricorda che l'Italia a livello internazionale è citata «come modello positivo» e non interpreta il richiamo franco-tedesco come una nuova tirata d'orecchi al nostro Paese. «Chiedere a Grecia e Italia di fare i compiti a casa sull'immigrazione sarebbe come dire a Paesi colpiti da un alluvione di accelerare la produzione di ombrelli - sottolinea -. L'Europa ha bisogno di andare nella direzione esattamente opposta a quella di bacchettare i Paesi alla sua frontiera esterna. E in Francia e Germania vedo piuttosto la consapevolezza della centralità dell'immigrazione». «La logica - aggiunge - non può essere quella di applicare regole concepite 25 anni fa, parlo della Convenzione di Dublino, mentre il fenomeno è cambiato radicalmente nei numeri, nelle origini, nelle dimensioni per i singoli Paesi». «Il punto è condividere e modificare le regole dell'accoglienza, senza dimenticare il lavoro di medio periodo sulle cause profonde: guerre, povertà, dittature». «I migranti arrivano in Europa - sottolinea Gentiloni -, non in Italia, Grecia, Germania o Ungheria. Così come funziona adesso, si rischia di mettere in discussione Schengen e tornare alle vecchie frontiere». Per il responsabile della Farnesina un ruolo centrale deve essere svolto in Libia, «per noi la porta di accesso dei flussi migratori». «I colloqui riprendono domani in Marocco» e l'obiettivo è coinvolgere anche «il Gnc, il Parlamento di Tripoli». «Senza accordo - dice Gentiloni -, avremmo uno scenario del tutto diverso, centrato sulla coalizione anti-Daesh (Isis, ndr), che in quel caso potrebbe estendere il suo raggio d'azione alla Libia. Attenzione però a non strumentalizzare la minaccia di Daesh, che non deve mai essere sottovalutata, ma in Libia è per fortuna ancora circoscritta».