Giovedì 19 Dicembre 2024

Tensioni alle frontiere, Gentiloni: Schengen a rischio, l'Ue cambi regole

ROMA. «È a rischio uno dei pilastri fondamentali dell'Unione europea: la libertà di circolazione delle persone. Dalle coste siciliane a Kos, dalla Macedonia all'Ungheria e a Calais, vediamo accendersi tensioni che alla lunga potrebbero rimettere in discussione Schengen». Per il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervistato dal Messaggero, «i migranti non arrivano in Grecia, Italia o Ungheria, ma in Europa», e per questo «anche le regole dell'accoglienza devono essere europeizzate». «Sull'immigrazione l'Europa rischia di dare il peggio di sè tra egoismi, decisioni in ordine sparso e polemiche fra Stati membri», dice Gentiloni, secondo cui vanno rivisti i Trattati di Dublino. «Le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo si sono europeizzate e hanno ridotto il rischio di tragedie in mare, ma per quanto tempo si può accettare l'idea che le navi dei diversi Paesi europei salvino migranti per portarli nei porti italiani?». Sul dibattito politico italiano, «la Lega fa propaganda. Chi promette soluzioni magiche per fini di consenso, seminando paure e diffondendo illusioni, talvolta ridicole, non aiuta l'Italia ma la danneggia», commenta Gentiloni. «E non sono neanche sicuro, lo vedremo alle prossime elezioni, che aiuti se stesso». Parlando della Libia, «pace e stabilità non si possono imporre con le armi di un esercito occupante straniero. Questo scenario non esiste», sottolinea il ministro. «Noi lavoriamo per l'accordo tra i libici. Il semplice contenimento anti-Daesh sarebbe un rimedio all'insuccesso del negoziato. Quella che si avvia questa settimana deve essere la fase conclusiva». «Quando ci sarà l'accordo tra le forze libiche - aggiunge - questo avrà bisogno di essere accompagnato, monitorato e protetto da una coalizione in cui l'Italia può avere un ruolo fondamentale di riferimento».  S ulla possibilità di inviare i caschi blu per difendere luoghi come Palmira, «è ovvio che non si può andare a Palmira oggi, ma la comunità internazionale - osserva Gentiloni - può provare forme di protezione in aree non di guerra ma a rischio, e promuovere interventi di ripristino nelle aree che via via vengono liberate».

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