ROMA. «Mancano politiche di accoglienza e integrazione. L'unica maniera umana di accoglierli è integrarli sul territorio, attraverso strutture piccole, a misura d'uomo. Nei centri in cui vengono ammassati migliaia di profughi è impossibile andare incontro ai bisogni di ciascuno. Per ogni migrante deve esserci un percorso personalizzato con borse lavoro, tirocini formativi, corsi di italiano, ricongiungimenti familiari. Se ognuno fa qualcosa, allora possiamo fare molto». Lo afferma l'arcivescovo di Monreale Michele Pennisi in un'intervista alla Stampa in cui chiede di cambiare il regolamento di Dublino, estendere ai profughi la copertura assicurativa dei lavori socialmente utili e affidare alle famiglie italiane i minori non accompagnati. «Non sfruttamento di manodopera, ma impiego a favore della collettività. I profughi vogliono lavorare ma le norme lo impediscono», Eppure, osserva Pennisi, «basta l'ordinanza di unì sindaco per consentire ai profughi di lavorare». «L'immigrato è un essere umano da accogliere e contribuisce ad arricchirci economicamente, culturalmente e religiosamente. Non è un fenomeno straordinario e temporaneo, dobbiamo farci i conti ogni giorno. Serve buon senso, non misure emergenziali», evidenzia Pennisi. «Dobbiamo guardarci dal cinismo di chi pensa di approfittare delle sventure altrui per fare affari». A speculare sono «immobiliaristi, cooperative legate a personaggi politici, fornitori di servizi, alberghi che ospitano immigrati. Hanno vantaggi economici, senza preoccuparsi della qualità della vita degli immigrati», prosegue il monsignore. «In megastrutture come il Cara di Mineo è impossibile l'integrazione. E invece ci sono famiglie disposte ad accogliere i minori non accompagnati dando loro assistenza sanitaria e inserimento scolastico e sociale».