Giovedì 19 Dicembre 2024

Napolitano, riforme: "Non è la fine della democrazia"

ROMA. «Come si può ritenere che la riforma in discussione costituirebbe il 'contrariò, segnerebbe la fine, della democrazia parlamentare?». Se lo chiede, retoricamente, l'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano in una lettera pubblicata dalla prima pagina di Repubblica in cui, rispondendo all'editoriale di Eugenio Scalfari di domenica, spiega perchè la riforma del Senato non minaccia la democrazia. «Voleva forse Leopoldo Elia 'il contrario della democrazia parlamentare - scrive Napolitano - quando propugnava 'una nuova forma di governo parlamentare, vedendo nella 'criticità dell'assetto costituzionale di vertice della Repubblica il punctum dolens più evidente? O voleva forse il centrosinistra buttare a mare la democrazia parlamentare quando votò, nella Commissione bicamerale del 1997-1998, per il passaggio al 'premieratò, al governo cioè del primo ministro?» Napolitano chiarisce che gli sarebbe «egualmente premuto che una tale riforma venisse varata da qualsiasi precedente Presidente del Consiglio» e non necessariamente da Matteo Renzi. «Si sta finendo per parlare dell'approvazione di questa riforma essenzialmente in funzione di come si giudica, di che cosa ci si aspetta o si teme dall'attuale Presidente del Consiglio - spiega -. Ma questi era anni luce lontano dall'entrare nel firmamento politico nazionale quando la necessità e l'idea di una revisione costituzionale, relativa in particolare al superamento del bicameralismo paritario venivano affermate da tutt'altre personalità politiche e di governo». La riforma del Senato non minaccia a suo avviso la democrazia, ma, sottolinea, «la questione essenziale è che non si lasci in piedi, attraverso l'elezione a scrutinio universale anche del Senato della Repubblica, la compresenza di due istituzioni rappresentative della generalità dei cittadini, sottraendo al Senato solo (e a quel punto insostenibilmente!) il potere di dare la fiducia al Governo. L'essenziale è dar vita a un nuovo Senato che arricchisca la democrazia repubblicana dando ad esso la natura di una istituzione finora assente che rappresenti le istituzioni territoriali. Altrimenti di fatto il superamento del bicameralismo paritario non ci sarebbe».

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