PALERMO. La Sicilia verrà divisa in nove ambiti, simili ai vecchi Ato, che metteranno insieme i sindaci del territorio. Saranno questi enti a organizzare il servizio e a decidere se affidarne la gestione a una società pubblica, a una mista o ai privati. E’ il passaggio cruciale della riforma della gestione dell’acqua, quello che ha spaccato il parlamento, i partiti e il governo. Crocetta inizialmente non era d’accordo. Avrebbe preferito, il presidente, il modello originariamente descritto nel testo base, che puntava solo su società pubbliche. Ma ha prevalso la linea dell’assessore Vania Contrafatto, da giorni in allarme per una possibile impugnativa da parte dello Stato. La legge che si voleva approvare – ha spiegato l’assessore – non era in linea con le norme statali e comunitarie. Per l’assessore va lasciata libera la scelta sull’affidamento a società pubbliche o private. E alla fine, col decisivo sostegno del Pd, la proposta è passata. Difesa pure da Crocetta, che ha firmato insieme all’assessore l’emendamento e lo ha illustrato in aula. E’ una mediazione, che permette di superare lo scoglio principale. La legge ora si avvia all’approvazione entro la prossima settimana. La norma approvata prevede anche pesanti sanzioni a carico dei privati per eventuali disservizi: il contratto può essere risolto unilateralmente in caso di interruzione della distribuzione per più di 4 giorni ad almeno il 2% della popolazione. In ogni caso per ogni giorno di interruzione del servizio i privati dovranno pagare una penale che va da 100 mila a 300 mila euro.