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Vento: "Pd primo partito, M5s cresce. Ma in 26 milioni pronti a non votare"

ROMA. «Il Pd resta il primo partito col 31 per cento dei consensi, cresce il Movimento Cinque Stelle al 26 per cento. Ma 26 milioni di italiani oggi non andrebbero a votare». È l’analisi di Pietro Vento ,direttore dell’Istituto Demopolis, alla luce dei dati di luglio del Barometro politico dopo il referendum in Grecia. «L’Euro non piace - aggiunge - ma soltanto il 30 per cento degli italiani sarebbe propenso ad un ritorno alla lira».

Se si votasse oggi per le Politiche quale sarebbe la situazione tra i partiti?
«Se si votasse oggi per le Politiche, il Pd di Renzi sarebbe il primo del Paese con il 31 per cento. Si riduce però significativamente il vantaggio sul Movimento 5 Stelle, che si posiziona oggi al 26 per cento. La Lega è ormai il terzo partito a livello nazionale e otterrebbe il 16,2 per cento mentre Forza Italia il 12%. Più staccate le altre forze: Sel al 4,6 per cento, Fratelli d’Italia al 4% e Ncd-Udc al 3,7%. In base alle attuali intenzioni di voto, la soglia del 40 per cento prevista dall’Italicum appare difficilmente raggiungibile al primo turno e, con la nuova legge elettorale, si andrebbe oggi al ballottaggio tra Pd e M5S».

Qual è stata l’evoluzione elettorale di Pd e 5 stelle dalle Politiche 2013 ad oggi?
«Alle Politiche del 2013 i due partiti si sono attestati entrambi intorno al 25,5 per cento. Il Pd, con Matteo Renzi, sfiora il 41% alle Europee. Per posizionarsi oggi al 31%, appena 5 punti sopra un Movimento 5 Stelle in ripresa, che torna oggi con il 26% sui valori percentuali di due anni addietro. Il Pd paga in termini elettorali la tendenza all’astensione di segmenti del suo elettorato, ma anche alcune scelte recenti, a partire dalla riforma della Scuola».

In Sicilia invece?
«Il Movimento 5 Stelle appare in netta crescita, al Sud ed in Sicilia in misura nettamente superiore alla media nazionale. E la "paralisi" del governo della Regione, sempre più avvertita dall’opinione pubblica, sta penalizzando, in termini elettorali, il partito di Renzi nell’Isola».

Come è cambiato il peso di Forza Italia e Lega nei 16 mesi di governo Renzi?
«Il partito di Berlusconi è passato dal 23 per cento del febbraio 2014 al 12 per cento odierno. Inversamente proporzionale appare invece la crescita della Lega: dal 3,8 per cento di 16 mesi fa sino al 16,2 per cento di oggi. Salvini non sfonda al Sud, dove Forza Italia mantiene quote di elettorato più ampie di quelle registrate oggi in altre aree del Paese».

L’astensione cresce ancora?
«L’area dell’astensione cresce ancora: l’affluenza alle urne passa dall’80 per cento del 2008 al 58 per cento di oggi. Alle Politiche voterebbero poco più di 27 milioni di elettori. Il 42 per cento rimarrebbe a casa».

Quali sono le conseguenze sui partiti?
«L’astensione sta progressivamente ridimensionando il peso elettorale, in voti assoluti, delle principali forze politiche. Se ci recasse oggi alle urne, il Pd otterrebbe 8 milioni e 400 mila voti, il M5S poco più di 7 milioni di elettori. La Lega di Salvini avrebbe 4 milioni e 350 mila voti, Forza Italia circa 3 milioni e 250 mila. E 20 milioni di italiani, secondo la stima dell’Istituto Demopolis, oggi non voterebbero: è un bacino elettorale senza precedenti, segno di ulteriore incertezza in uno scenario politico aperto e in chiara evoluzione».

Quanto sta incidendo la situazione della Grecia sulla fiducia degli italiani nell’Europa?
«Cresce in Italia la disaffezione verso le istituzioni comunitarie. La fiducia dei cittadini nell’Unione Europea passa dal 51 per cento del 2006 al 48 per cento del 2010, sino al 27 per cento odierno. L’incerta gestione della crisi economica ed occupazionale, il recente atteggiamento di molti Paesi verso l’immigrazione, ma anche la crisi greca di questi ultimi giorni stanno incidendo sempre più sullo storico sentimento europeista degli italiani: si rileva un calo di fiducia di oltre 20 punti in cinque anni. Un dato, per l’Italia, simile a quello rilevato oggi nel Regno Unito. L’Euro non piace, ma soltanto il 30 per cento degli italiani sarebbe propenso ad un ritorno alla lira».

In Sicilia invece qual è il giudizio verso l’Ue e soprattutto le politiche regionali di spesa dei fondi comunitari?
«L’immagine dell’Unione Europea non è certo favorita nell’Isola dal modo in cui sono stati e vengono oggi gestiti i fondi comunitari: il giudizio di oltre il 90 per cento dei siciliani sulla capacità di gestione da parte del governo della Regione è durissimo. Nella percezione dell’opinione pubblica le politiche europee di coesione, per come sono state gestite dalla Regione Siciliana negli ultimi anni, non hanno offerto nell’Isola alcuna idea di futuro per i giovani, nessuna concreta progettualità di sviluppo».

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