ROMA. "Accordo sindacale o autorizzazione ministeriale non sono necessari per l'assegnazione ai lavoratori degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa, pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore". Così il decreto Jobs act modifica lo Statuto dei lavoratori sui controlli a distanza e su telefonini e pc ai dipendenti.
A spiegare nello specifico le novità è la relazione illustrativa che accompagna il testo del dlgs in cui si fa riferimento "agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze" per controllare i quali non servono via libera. In particolare, si tratta dello schema di decreto legislativo sulle disposizioni di razionalizzazione e semplificazione di procedure e adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione del Jobs act, assegnato - insieme agli altri tre che completano la delega - alle Camere per i pareri delle commissioni (per cui sono a disposizione 30 giorni), dopo il primo via libera del Consiglio dei ministri di giovedì scorso.
L'articolo 23 del dlgs in questione detta, quindi, la nuova disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, riscrivendo quanto previsto dall'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. In pratica le novità riguardano i dispositivi tecnologici (come computer, tablet e telefonini messi a disposizione dei dipendenti dall'azienda) e gli strumenti per misurare accessi e presenze come i badge. Negli altri casi, invece, per installare impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo servono l'accordo sindacale o l'autorizzazione da parte del ministero del Lavoro (per le imprese con più unità dislocate in una o più regioni).
I dati che ne derivano possono essere "utilizzati ad ogni fine connesso al rapporto di lavoro, purché sia data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d'uso degli strumenti e l'effettuazione dei controlli, sempre, comunque, nel rispetto del Codice privacy", si legge sempre nella relazione illustrativa. Nel dettaglio, l'articolo al primo comma prevede che "gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali.
In mancanza di accordo possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali". E prosegue: "La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze".
Quindi si precisa che "le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196", il codice sulla privacy.
Qualora il lavoratore non sia adeguatamente informato dell'esistenza e delle modalità d'uso delle apparecchiature di controllo a distanza e delle modalità di effettuazione dei controlli «i dati raccolti non sono utilizzabili a nessun fine, nemmeno disciplinare». Lo chiarisce il ministero del Lavoro in una nota sui decreti attuativi del Jobs act.
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