ROMA. Un Pd appannato e sconfitto non solo a Venezia, città simbolo nel mondo, ma soprattutto ad Arezzo, città simbolo del renzismo. Un centrodestra rianimato da nuova alma vitale, per aver strappato nei ballottaggi roccaforti della sinistra ma soprattutto per aver scoperto che unito può tornare al governo. Una Lega esultante e pronta a candidare il suo leader Salvini come alternativa a Renzi. Un M5s grato al premier per aver voluto a tutti i costi l'Italicum, che porterà il ballottaggio alle prossime politiche offrendo nuove chance di vittoria ai grillini.
Sono i fotogrammi del voto in 78 comuni, con 2 milioni di italiani chiamati alle urne e un'astensionismo da record. In meno della metà hanno scelto ai ballottaggi il proprio sindaco, confermando che è un ricordo ormai lontano la stagione dei sindaci e l'entusiasmo per l'elezione diretta del '93. Il Pd di Matteo Renzi sottolinea di essere ancora il primo partito ma non lesina autocritiche e apre la riflessione. Non potrebbe essere diversamente. Dopo il 5 a 2 alle regionali, il centrodestra ora vince a Venezia, Arezzo, Matera, Rovigo, Chieti, Fermo, Nuoro. Mantova e Trani passano invece al centrosinistra, che conferma Lecco e Macerata.
Ma la sconfitta a Venezia è pesante e il premier non cede alla tentazione di scaricarla sul perdente Felice Casson, suo storico oppositore, battuto dall'indipendente Luigi Brugnaro con il sostegno dell'intero centrodestra (Fi, Lega, Ncd, Fdi). Se brucia per Renzi la debacle in trasferta a Venezia, ancor più umilia il premier la sconfitta in casa ad Arezzo, dove si pensava di vincere a man bassa, dopo lo scioglimento anticipato del consiglio per il passaggio dell'ex sindaco Fanfani al Csm, mentre Alessandro Ghinelli ha stracciato il renziano Matteo Bracciali nel greto dell'Arno, lì dove Maria Elena Boschi era andata 3 volte a sostenerlo.
Stesso smacco a Pietrasanta e a Viareggio, dove i renziani hanno condotto la campagna elettorale. Il centrodestra è galvanizzato dalla scoperta di poter vincere e governare ancora, restando unito. Ognuno declina a modo suo il successo. Berlusconi si convince di esserne il padre mentre Renzi perde smalto, quindi si loda per aver rotto il Patto del Nazareno per ricostruire il centrodestra. Alfano continua nel difficile equilibrismo di sostenere con Ncd un governo di centrosinistra, battendolo insieme al centrodestra sul territorio (e oggi è soprattutto l'ala che non stravede per Renzi a compiacersi dei risultati). Ma è soprattutto la Lega ad esultare, con il suo leader Matteo Salvini convinto di potersi candidare come alternativa al premier: «Cambiare si può. Renzi stiamo arrivando».
Intanto i grillini - rimasti fuori dalle alleanze al secondo turno - si godono vittorie anche in Sicilia. E Luigi Di Maio chiosa: «5 ballottaggi, 5 vittorie per i cittadini», ora Renzi «da rottamatore sarà rottamato». Mentre il M5s, con l'Italicum che porta al ballottaggio il secondo partito, spera nel testa a testa alle politiche. Difficile slegare dal risultato del voto lo scandalo di Mafia Capitale, le tensioni su immigrazione e scuola, lo scontento per gli 'impresentabilì ed il caso 'De Luca'. Tutte questioni nazionali, indubbiamente, che lasciano però in affanno governo e maggioranza e portano alla disaffezione segnalata dall'astensionismo ma anche dal nuovo stop, dopo la sconfitta in Liguria e Veneto, al Pd renziano.
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