ROMA. "Per l'Italia è il tempo delle decisioni". Non si stanca di ripeterlo, Matteo Renzi. E va avanti "senza aspettare". Così, dopo aver avviato l'ultimo miglio della legge elettorale, si prepara a 'risistemare' la squadra di governo. Già domani il presidente del Consiglio potrebbe salire al Quirinale per proporre al presidente della Repubblica Sergio Mattarella il nome del nuovo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. La scelta dovrebbe cadere alla fine su una figura di provata esperienza e molto stimata anche da Ncd: Graziano Delrio. Ma resta ancora da sciogliere il nodo della sua sostituzione nel delicato ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Per il partito di Angelino Alfano dovrebbe invece arrivare un nuovo ministero: con ogni probabilità gli Affari regionali, magari con delega ai fondi Ue. E' lo snodo di tanti dossier cruciali per il Paese, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Perciò, ragiona qualche renziano, il premier ha deciso per un interim breve. Il nome del successore di Maurizio Lupi era atteso ormai da tutti non prima di Pasqua, e invece Renzi decide di accelerare. Forse già domani - anche se al momento al Quirinale non risulta pervenuta alcuna richiesta di incontro - vedrà Mattarella per comunicargli la sua scelta. Al massimo si potrebbe arrivare a giovedì o venerdì. Ma nel pomeriggio un vertice a Palazzo Chigi con Angelino Alfano e Maurizio Lupi segna le fasi finali della partita. Sul tavolo il leader del Pd mette il nome apparso fin dall'inizio il più 'quotato', quello di Graziano Delrio. Non è l'unica carta che ha in mano, vengono citate anche altre opzioni di impronta renziana. Ma Delrio appare a tutti il più adatto e su di lui dovrebbe cadere la scelta. Ma resta difficile sostituirlo da sottosegretario a Palazzo Chigi: Renzi dovrà nelle prossime ore trovare un nome di provata esperienza e di stretta fiducia. Per questo si citano tra gli altri Lorenzo Guerini, Ettore Rosato o Debora Serracchiani. Ma qualche renziano non esclude anche la 'chiamata' di un amministratore. Quanto a Ncd, "noi abbiamo detto sin dal primo giorno - dice una esponente di vertice del partito - che non saremmo stati più interessati al ministero dei Trasporti, ma qualcosa Renzi ci dovrà dare". E se sembra ormai improbabile che gli alfaniani ottengano l'Istruzione, in area centrista non si escludono le Riforme con il passaggio della Boschi a Palazzo Chigi. Ma l'ipotesi più probabile restano gli Affari regionali: si fanno i nomi di Gaetano Quagliariello ma anche quelli delle deputate Dorina Bianchi e Rosanna Scopelliti. "Sono il più giovane leader che l'Italia abbia mai avuto. Sto usando la mia energia e il mio dinamismo per cambiare il Paese. Penso che sia il tempo di scrivere una nuova pagina. Non posso aspettare a causa dei vecchi problemi del passato". Così Renzi spiega il suo approccio al governo in un colloquio con il New York Times. Il leader del Pd rivendica la "nuova direzione" presa da un'Unione europea che finalmente parla di crescita e non più "solo di bilanci e austerità". Quanto all'Italia, nel giorno in cui l'Istat diffonde i dati di una disoccupazione di nuovo in aumento (torna al 12,7%), dal suo staff invitano a guardare al quadro complessivo ("Gli occupati da febbraio 2014 a febbraio 2015 sono aumentati di 93mila unità"). Gli effetti degli sgravi sui contratti a tempo indeterminato e del Jobs act, si vedono, sottolineano i renziani. E il premier rivendica: il Jobs act è "la cosa più di sinistra che abbia mai fatto". Quanto al Pd, Renzi racconta di ispirarsi "all'azzardo" di Blair: "trasformare il Labour da un partito perdente a un partito vincente". Sulla legge elettorale la strada è tracciata, non si torna indietro, sottolineano i renziani. Il premier potrebbe decidere di mettere la fiducia sul testo in Aula, per spingere tutti a un'assunzione di responsabilità. "Se votate contro la legge elettorale, poi come pensate di restare dentro il gruppo?", è la provocazione sussurrata da qualche renziano ai deputati della sinistra dem. Renzi ha sempre assicurato di non voler cacciare nessuno. Ma questa volta, ragionano i pasdaran, sarebbero loro a porsi fuori.