ROMA. «Lavorare subito e di corsa». È il messaggio che Matteo Renzi lancia ai dirigenti del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che incontra per due ore nella sede di Porta Pia. Sono le parole d'ordine su cui ha impostato l'intera agenda delle riforme del suo governo. «Avanti tutta», dichiara il premier rinfrancato dai dati «sorprendenti» sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato (+38,4%), effetto degli sgravi fiscali e del Jobs act. «Avanti tutta» alla Camera anche sulla legge elettorale ma è un'accelerazione, con la calendarizzazione nell'Aula della Camera il 27 aprile, che agita la minoranza del Pd. Perchè, è convinta la sinistra dem, l'Italicum va cambiato: «In gioco è la democrazia», dicono i bersaniani. Se non cambierà, rischia di spaccarsi innanzitutto la minoranza e poi, avverte Pippo Civati, lo stesso Pd.
Al ministero delle Infrastrutture Renzi arriva nel pomeriggio, accompagnato dal viceministro Riccardo Nencini. E per due ore, in modo «puntiglioso», discute delle priorità con i dirigenti: «Codice degli appalti, riforma dei porti e degli aeroporti, tpl, codice della strada», sintetizza Nencini. «Non perdiamo un minuto, non per un libro dei sogni, ma per terminare le opere incompiute e per farne tante altre. Nei prossimi giorni, nelle prossime settimane ci sarà un nuovo ministro», dice Renzi all'ingresso a Porta Pia, facendo intendere che punta a esercitare pienamente l'interim. Anche rimettendo mano, spiegano alcune fonti, all'organizzazione interna al ministero. Di legge elettorale invece il premier per ora non parla: dirà la sua lunedì, nella direzione convocata per definire la linea sulle riforme. Il capogruppo Roberto Speranza, che guida Area riformista, in mattinata va a Palazzo Chigi da Renzi a cercare una mediazione su alcune modifiche al testo dell'Italicum e provare a evitare una spaccatura. Ma l'incontro non sembra portare novità: i renziani spiegano che l'idea resta quella di approvare alla Camera in via definitiva l'Italicum, quindi senza cambiamenti.
Perchè di sedi di discussione ce ne sono state numerose, diverse modifiche della minoranza Pd sono state accolte e il testo è stato concordato nella maggioranza di governo. Lunedì in direzione ci sarà un'altra occasione di
discutere, spiegano: perciò sono ingiuste le parole di chi, come Stefano Fassina parla di una «prova di forza» per mettere all'angolo la minoranza. «Per Fassina & co. - dice Giachetti - democrazia sono gli accordicchi dei caminetti». La direzione indicherà lunedì una linea che, spiega Lorenzo
Guerini, definirà «l'impianto» cui dovranno attenersi anche i gruppi. I deputati della maggioranza Pd concordano che si confermi l'ok all'Italicum senza modifiche. Con buona pace delle richieste della minoranza. E non pensi la sinistra dem di invocare libertà di coscienza: «Non ci può essere sulla legge
elettorale, che è un tema politico», dice Matteo Orfini. Altro che libertà di coscienza, sostiene qualche 'pasdaran' renziano: sull'Italicum il governo è pronto a mettere la fiducia (anche se secondo alcuni il regolamento non lo permette). «Sappiano tutti che una volta approvata questa legge si andrà
presto a votare», avverte Pippo Civati. Una parte della minoranza però continua a sperare ci siano margini per concordare alcune modifiche: «Le sorprese possono esserci sempre. Si è dimesso un Papa...», dice Gianni Cuperlo. «Se Renzi pensa di usare la direzione come luogo semplicemente per
contarsi anzichè per un confronto faccia pure. Produrrà una divisione del partito sia in direzione che in Parlamento», avverte il bersaniano Alfredo D'Attorre. Il primo effetto di un eventuale muro contro muro con Renzi sarebbe uno sgretolamento della minoranza Pd. «Una parte di Area
riformista sarebbe già pronta a votare l'Italicum. Anche - sibila un parlamentare - nella speranza poi di essere rieletti quando si andrà al voto».
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