ROMA. Il gelo è plateale al punto che, arrivando alla Camera per l'informativa sul consiglio Ue, Matteo Renzi evita l'ingresso in Aula dalla porta da cui Maurizio Lupi sta uscendo dopo essersi difeso per un'ora nel question time. Il premier tiene il punto sulla necessità di un passo indietro del ministro delle Infrastrutture. «Maurizio, hai due strade: o ti dimetti o vai avanti ma sappi che io non ti copro e, quando si voterà la mozione di sfiducia, io non posso garantire per le scelte del Pd», è l'aut aut che Renzi avrebbe ribadito nei continui contatti sia con Lupi sia con Angelino Alfano. Ncd fa quadrato sul suo ministro anche se, a fine giornata, davanti a nuove intercettazioni che svelano i rapporti del ministro e della famiglia con gli indagati, esponenti centristi ammettono che «così è difficile tenere botta». Ed infatti il fattore tempo, e intercettazioni, è una delle armi di pressione su cui punta il Pd per fare chiarezza e spingere Lupi verso l'addio volontario al governo. «Il braccio di ferro si risolverà prima del voto delle mozioni di sfiducia», scommettono al vertice del Partito democratico, unito, come poche volte capita, sul sostenere che, al di là dell'avviso di garanzia, sono valutazioni politiche e di immagine per il governo a rendere necessarie le dimissioni del ministro ciellino. Dimissioni che Renzi continua a sostenere che debbano venire da ministro senza una sua richiesta esplicita che porterebbe con sè inevitabilmente rischi per gli equilibri di governo e sui numeri parlamentari già stretti a Palazzo Madama. Per questo poco cambia se Lupi abbia deciso di intraprendere la strada della trasparenza affrontando con un'informativa il Parlamento. Renzi non vuole, difendendo la permanenza del ministro, creare una macchia sul governo su un tema così popolare e sentito come la corruzione e le tangenti. «Non ho intenzione di affrontare l'Expo con la stampa italiana e straniera che mi incalza», è la linea del premier, sempre molto attento alla comunicazione. L'Expo deve essere una vetrina dell'Italia che riparte, è la linea dei fedelissimi del premier, e non l'immagine del paese con i soliti vizi. Domani Renzi volerà a Bruxelles per il consiglio europeo. Il pressing per il passo indietro spontaneo del ministro va avanti «altrimenti - spiegano fonti di maggioranza - si andrà al voto sulle mozioni di sfiducia», probabilmente la prossima settimana. Ed è già un segnale il fatto che il Pd non abbia deciso di fare muro alla richiesta delle opposizioni di calendarizzare al più presto la sfiducia. «A quel punto non possiamo garantire le scelte dei singoli», ripetono esponenti di maggioranza. Un modo per mettere pressione a Ncd affinchè eviti il passaggio parlamentare ma anche la conferma che lo stesso premier non si spenderà con assemblee e appelli per salvare il suo ministro. D'altro canto, neanche i centristi sanno dire per quanto Alfano potrà difendere il ministro. Oggi, dopo il question time, Alfano e Lupi si sono riuniti al Viminale, non partecipando al dibattito in aula con il premier. «La situazione è difficilissima ma certo se Lupi dovesse lasciare per noi è un disastro», confessano esponenti centristi con lo sguardo rivolto alle imminenti regionali.