ROMA. Approda oggi in Cdm il ddl per la riforma della scuola: gli scatti di stipendio degli insegnanti resterebbero legati all'anzianità; confermate le assunzioni dei docenti delle graduatorie a esaurimento. Prevista la protesta degli studenti davanti Palazzo Chigi e in tutta Italia. Sul tavolo del Cdm anche la riforma della tv pubblica: ad forte e lavoratori in cda.
Indietro tutta. Gli scatti di stipendio degli insegnanti resteranno legati all'anzianità (ci sono i soldi per farlo). Il merito verrà comunque premiato, con "risorse fresche". La possibilità di questa inaspettata retromarcia è stata confermata in serata da fonti di governo, a poche ore dall'approdo del ddl sulla scuola domani pomeriggio in consiglio dei ministri per il via libera definitivo. Nel Consiglio dei ministri si dovrebbe inoltre confermare la strada del disegno di legge anche per le assunzioni dei docenti delle Graduatorie a esaurimento (ma non quelli delle graduatorie di istituto) e dei vincitori di concorso (ma non gli idonei).
Secondo le stesse fonti, la parola chiave della riforma sarà 'autonomia' e si mirerà a tre obiettivi: mai più classi pollaio, scuole aperte anche il pomeriggio, istituzione della Carta del prof., con 400 euro, nel primo anno, per le spese culturali di ogni singolo insegnante (libri, teatro, concerti, mostre, sussidi audiovisivi e telematici). Le linee guida illustrate lo scorso 3 marzo in consiglio dei ministri prevedevano che "per valorizzare la professionalità del docente e ridare dignità al suo ruolo sociale" venissero introdotti nuovi scatti di stipendio legati alla valutazione (70%) e non più solo all'anzianità (che sarebbe rimasta per il 30%).
Proprio nei giorni scorsi la Uil Scuola aveva calcolato il peso degli scatti sulla busta paga: circa 15 euro lordi al mese per quelli di anzianità, tra i 16 e i 20 euro lordi al mese (secondo se attribuiti in modo uguale o articolati per fasce) per quelli di merito. Altro ritocco dell'ultima ora riguarderebbe gli sgravi alle paritarie: nell'ultima versione del testo verrebbero concessi soltanto ai genitori che hanno figli iscritti nelle scuole del primo ciclo e cioè elementari e medie. Sul tema "caldo" delle assunzioni, il ministro Boschi, parlando per conto della collega Giannini durante il question time, ha spiegato che le immissioni in ruolo procederanno "a partire dalle graduatorie a esaurimento e dai vincitori di concorso 2012".
Per i dettagli sull'entità e la composizione della platea di precari ha rimandato al Consiglio dei Ministri, assicurando però che sarà mantenuto l'impegno a garantire le nuove assunzioni nella scuola a partire dal primo settembre ("ci sono i tempi perché questo possa avvenire attraverso l'approvazione del Parlamento della riforma della scuola presentata dal governo"). Ma - ha osservato la responsabile scuola e università di Forza Italia, Elena Centemero - "una cosa sono le assunzioni reali, altra quelle giuridiche, ossia congelate, che prevedono un'entrata in ruolo effettiva con decorrenza economica dal settembre 2016. Questa seconda ipotesi appare la più probabile, ed è evidente che non era quella prospettata inizialmente dal governo".
Sulla partita assunzioni è arrivata anche una doccia fredda dal Consiglio di Stato che ha ammesso nelle graduatorie a esaurimento della scuola 3000 precari esclusi. E i pentastellati non si arrendono. "Per non far saltare il piano di assunzioni dei docenti per l'anno scolastico 2015-2016 bisogna prevedere due distinti provvedimenti normativi, da far viaggiare con tempi e modalità differenti: uno per il reclutamento e uno per tutto il resto", hanno scritto in una lettera inviata oggi al Premier e al ministro Giannini. Intanto domani, in concomitanza con la riunione dei ministri a Palazzo Chigi, gli studenti, anche universitari, torneranno in tantissime piazze del Paese principalmente per contestare gli interventi messi a punto dall'Esecutivo e per sostenere la legge di iniziativa popolare e le proposte dell'Altrascuola. "Contro il piano Renzi e a favore della legge d'iniziativa popolare" protesterà domani, davanti alla presidenza del consiglio, anche l'Unicobas.
Via i partiti dalla Rai e via doppioni, architetture barocche e cavilli burocratici con il perenne incubo della Corte dei Conti. Matteo Renzi, al di là dei modelli di governance in discussione, ha le idee chiarissime sul futuro di Viale Mazzini. Domani in consiglio dei ministri avvierà la discussione sulla base del documento strategico, una summa della filosofia renziana che ha come punto di partenza la necessità di un manager che decida davvero e come punto di arrivo la qualità del servizio pubblico con tre reti specializzate, di cui una senza spot.
Dopo aver raccolto spunti e contributi dei ministeri competenti, dal Mef al Mise all'Istruzione, e della trentina di esperti di comunicazione, il premier ha deciso di stringere in vista di un ddl che arriverà nelle prossime settimane quando il Pd avrà concluso il confronto con i partiti interessati ad una riforma della governance della Rai che metta al centro non la politica ma la qualità dell'informazione. La Rai deve diventare per il premier una "media company" di livello e non può essere "una municipalizzata di provincia", si afferma nel documento che in queste ore gira a Palazzo Chigi. L'obiettivo del servizio pubblico deve essere "gareggiare con i grandi network a livello mondiale" e diventare un'azienda che esporta all'estero "fiction che raccontano l'Italia". Non, è il retropensiero dei renziani, essere un carrozzone costoso incapace di raccontare il paese e anche di fare utili. Invece di 5 microfoni Rai in Australia, per il governo è ora di razionalizzare l'informazione. E di specializzare le tre reti: nel confronto, ieri notte, con i membri Pd della commissione di Vigilanza sarebbe emersa l'ipotesi di una rete generalista, una per l'innovazione, la sperimentazione ed i nuovi linguaggi e la terza a carattere più spiccatamente culturale, più di servizio pubblico e magari senza gli spot pubblicitari.
E' chiaro che la futura "azienda Rai", che Renzi immagina, dipenderà molto dagli uomini che si sceglieranno, a partire dall'amministrazione delegato, sul quale è già partita una ridda di rumors e papabili. Ma la governance, che limiti il potere di veto del cda e quindi della politica, non è secondario. Per questo alcuni fedelissimi del premier ipotizzano che, come per il ddl sulla scuola, il presidente del consiglio proverà a lasciare la riforma della Rai al dibattito parlamentare per poi intervenire, anche con un decreto, per mandare in porto un cambiamento che considera essenziale tanto quanto il jobs act o la riforma costituzionale. Domani Renzi avvierà il confronto anche dentro la maggioranza visto che Angelino Alfano ha già messo le mani davanti su una riduzione del ruolo del Parlamento nell'indicazione del cda. Ma indietro per il premier non si torna.
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