Venerdì 22 Novembre 2024

Renzi rilancia la riforma Rai, il no della Boldrini: "Non è urgente"

ROMA. «Saremo in grado di fare qualche decreto in meno, se le opposizioni faranno qualche atto di ostruzionismo in meno». Matteo Renzi da Parigi rilancia sulla decretazione d'urgenza, «strumento naturale secondo Costituzione» in caso di blocco dei lavori in Parlamento. Le parole non sono riferite in particolare alla riforma Rai, ma confermano che il premier è pronto a tutto pur di arrivare in tempo al rinnovo dei vertici della tv pubblica con la nuova legge. Dopo le proteste dell'opposizione, sulla sua strada arriva però il no pesante del presidente della Camera, Laura Boldrini, già oggetto di polemiche per aver definito l'inquilino di Palazzo Chigi «uomo solo al comando». «Il decreto si deve fare quando c'è materia di urgenza - afferma a diMartedì -. Sulla Rai non c'è qualcosa di imminente, non c'è una scadenza». Tempi certi, ma difesa delle prerogative delle opposizioni. Questa la linea sottolineata dalla Boldrini, alla quale si sono rivolti diversi esponenti Pd, per chiedere una corsia preferenziale che consenta di approvare la nuova normativa prima dell'estate. Tra questi Michele Anzaldi che definisce «stupefacenti» le parole del presidente della Camera anticipando di poco il fuoco di fila dei renziani che attaccano a testa bassa la presidente: «Breve ripasso serale di diritto costituzionale ad uso della sinistra radicale che difende la Carta ma non la ricorda. La valutazione sulla necessità e urgenza di decreti legge spetta al presidente della Repubblica e a nessun altro. Con tutto il rispetto, la responsabilità di Laura Boldrini è oggi quella di presidente della Camera e non di presidente della Repubblica», afferma il vicesegretario Dem Lorenzo Guerini. Al quale si aggiunge Ernesto Carbone:«Qualcuno spieghi a Laura Boldrini, che è la presidente della Camera, quali sono le sue funzioni e le sue responsabilità», scrive su Twitter il deputato del Pd. Boldrini «ha perfettamente ragione», sostiene invece Fabrizio Cicchitto. Su un eventuale decreto dovrebbe pronunciarsi il presidente della Repubblica, al quale si appellano le opposizioni. Con Forza Italia che grida al colpo di mano e che mette anche nel mirino, più che le ipotesi di riforma, le parole del ministro Padoan intervistato ieri da Giovanni Minoli. «Con il top management della Rai noi siamo in continuo contatto - aveva affermato il ministro-. Mi sembra che si vada nella direzione giusta. Il mio rappresentante in Consiglio voterà la riforma Gubitosi». Parole che sembravano inizialmente rivelare un sostegno del governo al piano news messo a punto dal dg, poi precisate sempre dal tesoro ieri sera: non si trattava di un giudizio nel merito di iniziative di cui vanno definiti i dettagli, si spiega. Una precisazione che in ambienti della maggioranza viene vista come una marcia indietro dopo la probabile bacchettata di Palazzo Chigi. A gettare acqua sul fuoco, dopo la tensione con il Tesoro, ci ha pensato oggi il sottosegretario Antonello Giacomelli. «Un equivoco... - assicura -, sicuramente Padoan voleva riferirsi al successo delle quotazioni di Rai Way». Il piano, rivisto alla luce del parere votato all'unanimità dalla Commissione di Vigilanza, sarà all'attenzione del cda di giovedì a Milano. La riforma, che prevede la nascita di due newsroom, una con Tg1, Tg2 e Rai Parlamento, l'altra con Tg3, Rainews24 e Tgr, sarà illustrata con l'obiettivo di arrivare al voto entro il mese di marzo. Al termine del cda è in agenda una riunione informale per affrontare il caso della lettera che il consigliere Antonio Verro avrebbe inviato a Silvio Berlusconi nel 2010 con l'obiettivo di mettere paletti a programmi considerati nemici, come Annozero, Parla con me o Ballarò. Verro dovrebbe anche essere ascoltato dal Comitato etico di Viale Mazzini. Del tema si è occupato anche l'ufficio di presidenza della Commissione di Vigilanza, che ha deciso di ascoltare, probabilmente la prossima settimana, il presidente Rai Anna Maria Tarantola. Poi dovrebbe essere convocato lo stesso consigliere. Una sorta di istruttoria per decidere se ci saranno o meno i presupposti per chiedere una revoca del consigliere. Un potere che - secondo Forza Italia - non compete alla bicamerale. «Non ci fermiamo davanti a niente», assicura il presidente dell'organismo Roberto Fico.

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