Lunedì 23 Dicembre 2024

Un anno di governo Renzi in tweet: da #enricostaisereno a #lavoltabuona

ROMA. #Enricostaisereno. Nasce sulle spoglie di un hashtag, il governo di Matteo Renzi. E con un hashtag, #lavoltabuona o #laSvoltabuona, scandisce la sua attività. Perché il giovane presidente del Consiglio ama comunicare con il linguaggio veloce e immediato di Twitter, la piattaforma di "live blogging" fatta di messaggi in 140 caratteri che sono scanditi dagli hashtag, parole chiave precedute da un cancelletto che possono diventare tormentone. Su Twitter Renzi era molto attivo già da sindaco di Firenze e poi da segretario del Pd. Suo il format #Matteorisponde: la replica in forma di tweet alle domande dei cittadini, sbarcato - ma una volta soltanto - anche nella sala stampa di Palazzo Chigi. Da premier i suoi follower - il pubblico con cui direttamente dialoga su Twitter - sono cresciuti in maniera esponenziale e oggi sono 1,68 milioni (incalzano gli 1,73 mln del recordman Beppe Grillo). E fanno impallidire al confronto i 295 mila 'seguaci' del profilo ufficiale di Palazzo Chigi. "Arrivo, arrivo! #lavoltabuona", è il "cinguettio" dell'esordio, quello che al Quirinale non dimenticano. Era il 21 febbraio 2014 e il leader del Pd era da Giorgio Napolitano per sciogliere la riserva. Rompendo ogni cerimoniale, comunicò così, con due parole e un hashtag, che a breve avrebbe letto la lista dei ministri. Poco più tardi, a cose fatte, un altro tweet: "Compito tosto e difficile. Ma siamo l'Italia, ce la faremo. Un impegno: rimanere noi stessi, liberi e semplici". Nei giorni successivi, Renzi avrebbe raccontato in 140 caratteri l'esordio al governo. Con le foto del cortile di Palazzo Chigi deserto all'alba e della scrivania piena di carte ed evidenziatori. Con l'annuncio dei primi provvedimenti, con gli hashtag #lavoltabuona, #italiariparte, #cambiaverso e - nei mesi successivi - #passodopopasso, #millegiorni. E il rammarico di essere un po' meno presente per i follower: "Mi fermo qui. Altrimenti passo la domenica su Twitter anziché sui dossier" (23 febbraio 2014), "Ho twittato meno, ma ci sono" (18 marzo 2014). Un tweet basta per annunciare la firma di un accordo industriale e festeggiare una riforma ("La palude non ci blocca! E' proprio #lavoltabuona") ma anche per 'pungere' gli avversari: "Politica 1-Disfattismo 0" (sull'Italicum); "#allafacciadeigufi" (sul Def); "Un abbraccio a #gufi e #sorciverdi"; "Dice Grillo che il nostro è un colpo di stato. Caro Beppe: si dice sole. Il tuo è un colpo di sole!" (sulle riforme). "Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri" (sui talk show). Via Twitter Renzi ha raccontato i vertici internazionali e le prime fasi del soccorso della Norman Atlantic, ha pubblicato un cedolino con lo sgravio degli 80 euro, ha augurato buon viaggio a @Pontifex Papa Francesco, si è immortalato in un selfie con gli scout e ha fotografato le piazze della campagna elettorale per le Europee. Via Twitter il suo portavoce, Filippo Sensi (nickname: Nomfup), racconta in foto l'attività quotidiana del premier (#cosedilavoro), dalle conference call ai viaggi. Con qualche inciampo. Come un #erroreblu del premier nello scrivere "Sidney" e non Sydney. O come un tweet sulla partita Roma-Udinese, subito cancellato e attribuito alla svista di un collaboratore, Franco Bellacci, che ha accesso al suo profilo. O, infine, come il tweet mai scritto ma pronunciato in un'intervista tv, che viene ricordato come il peccato originale del governo Renzi: "Diamo un hashtag #Enricostaisereno", disse l'allora sindaco a Enrico Letta il 17 gennaio 2014. Un mese dopo avrebbe preso il suo posto a Palazzo Chigi.

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