ROMA. Il giorno dopo della maratona sulle riforme costituzionali alla Camera è un rinfacciarsi di accuse tra maggioranza e opposizioni, con in più la minoranza del Pd che fa sentire il proprio disagio. Da una parte le opposizioni attaccano e accusano Renzi per il suo procedere da solo sulle riforme; dall'altra il Pd e i partiti alleati accusano le opposizioni di voler bloccare le riforma solo per danneggiare il governo. Il premier sta riflettendo su come utilizzare la legge elettorale per riallacciare il dialogo sulle riforme. Renzi ha rivendicato il passo avanti compiuto alla Camera delle riforme che «fanno ripartire l'Italia», cosa che gli fa puntualizzare: «non ci fermiamo». E all'obiezione per l'aula semi vuota, il premier ha replicato scrollando le spalle: «Sarebbe stato errore fermarsi. Sono 20 anni che l'Italia si ferma. Abbiamo fatto di tutto perchè le opposizioni ci fossero, se se ne vanno cosa possiamo farci?». Il tutto condito con l'ironia di un «abbraccio a gufi e sorci verdi» diretto a chi, come il capogruppo di Forza Italia Brunetta, aveva promesso di rendergli la vita impossibile in aula. «Renzi buuu...ride bene chi ride ultimo», gli ha replicato Brunetta. Il quale curiosamente fa propria la tesi che fino a l'altro ieri Berlusconi e Fi respingevano: «il combinato disposto di legge elettorale e riforma costituzionale produce un mostro che mette a repentaglio la democrazia». Molti altri esponenti «azzurri» sia di fede berlusconiana che «fittiana» criticano quanto accaduto in Aula. Ancora più dure le altre opposizioni: Nichi Vendola parla di «bullismo istituzionale» di Renzi, mentre il leghista Roberto Calderoli sostiene che c'è stata «una palese violazione dei più elementari principi di rappresentanza democratica». Come è accaduto in Aula, il M5s ha assunto la posizione più radicale: Alessandro Di Battista minaccia che i deputati grillini si dimetteranno per portare alla caduta del Parlamento e alle elezioni anticipate. Strategia non perseguibile perchè le dimissioni dei deputati vanno votate, una ad una, e l'aula le può tranquillamente respingere. Ma i cinque stelle vogliono comunque drammatizzare fino alle estreme conseguenze la scelta dell'Aventino. Anche la minoranza del Pd preannuncia battaglia alla Direzione del Pd in programma lunedì, seppur con accenti assai diversi. Francesco Boccia minaccia di non votare al momento del voto finale sul testo, ai primi di marzo, se il governo non riapre il dialogo così da ricondurre in aula le opposizioni. Ma altri esponenti come Alfredo D'Attorre sottolineano piuttosto che l'obiettivo della minoranza «è riportare le opposizioni in Aula, non di uscire anche lei». «Basta accendere micce» ammonisce Pierluigi Bersani. La richiesta è che Renzi riporti le opposizioni in aula, aprendo alla possibilità di cambiare il testo in Senato. Per ora Renzi tiene il punto, ma Angelino Alfano lo incalza a riaprire il confronto con Fi: «Noi, dopo la rottura completa abbiamo ritenuto di andare avanti. Al voto finale speriamo partecipi anche Forza Italia io sono per riaprire il dialogo». Anche il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini tiene aperta una porta con Berlusconi. Il segretario-premier ha sul tavolo anche il dossier dell'Italicum, che all'ex Cavaliere piace così come è stato approvato in Senato, mentre la minoranza del Pd chiede di eliminare i capilista bloccati, voluti da Berlusconi. Renzi potrebbe usare la minaccia di cambiare alla Camera l'Italicum per blandire Fi e farla tornare almeno a sedersi nelle aule parlamentari.