ROMA. Riparte in continuità, con rinnovata determinazione, il percorso delle riforme. Ne sono convinti il presidente del Consiglio Matteo Renzi e i suoi ministri, dopo aver ascoltato le parole del presidente della Repubblica nell'Aula della Camera. Quel percorso deve essere "portato a compimento" per "rafforzare il processo democratico", ha detto Sergio Mattarella, da "arbitro imparziale". Le riforme, avrebbe assicurato il premier al capo dello Stato, nel faccia faccia avuto ieri pomeriggio in occasione delle dimissioni di cortesia, respinte dal presidente, procederanno in un clima di ascolto e dialogo, ma avendo ben presente la necessità di puntare decisi al traguardo dell'approvazione finale. Dopo il voto per il Colle, Renzi deve però affrontare il terremoto interno al centrodestra e i suoi possibili riverberi politici, proprio a partire dalle riforme. Da un lato ci sono le fibrillazioni prodotte dal terremoto interno a Ncd, con Angelino Alfano che nelle prossime ore potrebbe vedere il premier - dopo aver accuratamente evitato di incrociare Berlusconi nei saloni del Quirinale - per fare il punto della situazione. Dall'altro c'è la "delusione" di Silvio Berlusconi per come il leader del Pd ha gestito la partita Colle e il pressing della fronda azzurra perché il Cav si liberi dalle "catene" del Nazareno. L'esame della riforma costituzionale riprenderà alla Camera la prossima settimana, dopo essere stato interrotto nei giorni del voto per il Colle. Da affrontare restano ancora temi importanti, come il riparto di competenze tra Stato e Regioni, e nodi delicati, come il sindacato preventivo di costituzionalità sulla legge elettorale, chiesto con forza dalla minoranza Pd. Difficile prevedere quanti giorni (settimane) ci vorranno per concludere la seconda lettura, sia perché l'Aula dovrà approvare anche il decreto Milleproroghe, sia perché soltanto la Lega ha presentato 800 subemendamenti al testo. Ma intanto, dopo un confronto interno allo stesso Pd, si è deciso di non riprendere l'esame prima del 10 febbraio, optando per una pausa che serva a "svelenire il clima". Solo dopo, spiegano fonti della maggioranza, inizierà l'esame della legge elettorale, che dopo il via libera del Senato è arrivata alla Camera. L'intenzione del governo sarebbe quella di incassare il via libera dell'Aula di Montecitorio entro aprile senza variare il testo. Se si riuscisse, infatti, non solo l'Italicum sarebbe approvato in via definitiva (ferma restando l'entrata in vigore a luglio 2016), ma soprattutto si eviterebbe di dover attraversare di nuovo le forche caudine del Senato, dove la maggioranza corre sul filo e FI ha un ruolo cruciale. Renzi ostenta tranquillità, sia sul percorso che sui numeri. Ma la minoranza Pd già promette battaglia: farà di tutto perché alla Camera la legge elettorale sia modificata e sia eliminato il meccanismo dei 100 capilista bloccati. Non solo: Ncd, spaccato dalla vicenda del Colle e irritato dai toni liquidatori di Renzi verso i "partitini", potrebbe decidere, restando in partita, di alzare la voce. "Le riforme vanno avanti", dice Angelino Alfano. Ma fonti del nuovo centrodestra spiegano che una riflessione sulla linea da tenere in Parlamento sarà fatta nei prossimi giorni. Quanto a Forza Italia, tornano gli scricchiolii avvertiti già qualche mese fa nel patto del Nazareno. Il premier, convinto che alla prova dei fatti Berlusconi non si tirerà fuori, scherza con il 'fittiano' Francesco Paolo Sisto sul "pactus interruptus". E anche Berlusconi, a chi gli domanda come stia l'intesa, risponde: "Francamente non lo so". Ma poi aggiunge: "Abbiamo sempre detto che siamo disponibili per le riforme che anche noi volevamo fare". Non una rottura, dunque. Ma la volontà di alzare la voce: "D'ora in poi diremo sì solo quando ci convinceranno".