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Davide Faraone: «Questo voto ci potrà consentire di restare al governo fino al 2018»

«L'elezione di Mattarella a presidente della Repubblica rafforza questa legislatura che andrà avanti fino alla fine. L'obiettivo era quello di scegliere un nome che unisse tutte le forze parlamentari e non fosse disgregativo, per cui sono certo che il percorso delle riforme non si fermerà»: lo afferma il deputato del Pd, Davide Faraone, sottosegretario del ministero dell'Istruzione.

Mattarella è stato eletto presidente con quasi i due terzi dei voti. Si aspettava questo risultato?

«È la dimostrazione che la candidatura era adatta rispetto al ruolo che dovrà ricoprire e che la storia di Mattarella rappresenta valori in sintonia con gli elettori e con i tempi. Persino i franchi tiratori hanno agito al contrario, cioè votando contro chi non voleva quel nome».

I franchi tiratori sono stati neutralizzati, il centrosinistra ha votato compatto e il centrodestra si è spaccato: vede nel risultato un successo politico di Renzi?

«Questo è un fatto oggettivo: quando si decide una candidatura, soprattutto coi precedenti che vedevano i candidati impallinati dai franchi tiratori, è chiaro che si rischia tanto. E visto il risultato, vuol dire che Renzi ha vinto. Comunque, quando si è pensato a Mattarella l'intento era quello di unire tutte le forze parlamentari, non c'era alcuna volontà di costruire un risultato politico. In più questa vicenda dimostra che avevano torto tutti coloro che hanno costruito una campagna contro il patto del Nazareno, sostenendo che dietro a quell'accordo c'erano chissà quali interessi oscuri. In realtà è stato dimostrato che il patto serviva solo per fare le riforme e che il nome di Mattarella è stato deciso liberamente».

Berlusconi però ritiene ormai rotto il patto del Nazareno: potrebbero esserci ripercussioni nel processo di riforme? «Credo di no, proprio perché si è voluto distinguere quel percorso di riforme da tutto il resto. L'auspicio era che tutte le forze politiche votassero Mattarella; questo non si è verificato, ma il percorso delle riforme e l'elezione del capo dello Stato devono rimanere distinti. Inoltre ritengo che siamo arrivati ormai a un punto tale che indietro non si può tornare, sia sul Senato sia sulla legge elettorale».

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