ROMA. Sergio Mattarella è il nome che è riuscito a compattare tutto il Pd e anche la sinistra radicale. Al di là dei dubbi politici, sulla persona in pochi hanno avuto da ridire: correttezza, lealtà, alto profilo istituzionale, competenza sono elementi che tutti gli riconoscono. E a suggello di questo sono arrivate anche le parole dell'ex presidente della repubblica, Giorgio Napolitano: «Mattarella è una persona di assoluta lealtà, correttezza, coerenza democratica e alta sensibilità costituzionale».
Mattarella è siciliano: nato a Palermo il 23 luglio del 1941 è stato più volte ministro, deputato per venticinque anni (dal 1983 al 2008), attualmente è giudice costituzionale. Proviene da una famiglia che si è sempre occupata di politica: il padre Bernardo, politico democristiano, fu più volte ministro tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Il fratello, invece, era Piersanti, che nel 1980 fu assassinato da Cosa Nostra mentre era presidente della Regione Siciliana, perché la mafia capì che quel presidente non si sarebbe mai piegato alle sue richieste. Sergio Mattarella in gioventù milita tra le file della Gioventù Studentesca di Azione Cattolica e della FUCI, poi diventa docente di Diritto parlamentare all'Università di Palermo.
Deputato dal 1983 al 2008, prima per la Democrazia Cristiana e poi per il Partito Popolare Italiano e la Margherita, e più volte ministro, dal 2011 è giudice costituzionale di nomina parlamentare. Tutti lo conosco per la legge che il politologo Giovanni Sartori ha ribattezzato «Mattarellum». Nella XII Legislatura, Mattarella è infatti relatore della legge di riforma elettorale della Camera e del Senato che, recependo l'esito del referendum del 1993, introduceva una preponderante componente maggioritaria.
Vicino per tradizione familiare alla corrente morotea della Democrazia Cristiana, dopo la morte del padre nel 1968 e l'assassinio del fratello, alle elezioni politiche del 1983 viene eletto alla Camera nella circoscrizione della Sicilia Occidentale.
Rieletto deputato nel 1987 si mantiene vicino alle correnti di sinistra del partito ed in particolare al segretario politico Ciriaco De Mita. Nello stesso anno è nominato ministro dei
Rapporti con il Parlamento nel governo Goria e confermato nell'incarico l'anno successivo nel governo De Mita.
Nel 1989, con la formazione del governo Andreotti VI diventa ministro della Pubblica Istruzione. Si dimette dall'incarico il 27 luglio 1990, insieme ad altri ministri della corrente di sinistra della DC, per protestare contro l'approvazione della legge Mammì di riassetto del sistema radiotelevisivo che avrebbe legittimato la posizione dominante del gruppo televisivo di Silvio Berlusconi.
Privo di incarichi di governo, è rieletto alla Camera nel 1992 e nello stesso anno gli viene affidata la direzione del quotidiano della Democrazia Cristiana Il Popolo. Mai sfiorato dalle inchieste su Tangentopoli, Mattarella è uno dei protagonisti del rinnovamento della DC che avrebbe condotto nel gennaio 1994 alla fondazione del Partito Popolare Italiano.
Nel 1995, al culmine dello scontro interno al PPI, apostrofa l'allora segretario Rocco Buttiglione, che cercava l'alleanza con la destra, «el general golpista Roquito Butillone...» e definisce «un incubo irrazionale» l'ipotesi che Forza Italia potesse essere accolta nel Partito Popolare Europeo. Nel 1996, con l'affermazione elettorale de L'Ulivo, è di nuovo deputato e viene eletto capogruppo dei popolari alla Camera. Durante il governo D'Alema I assume la carica di vicepresidente del Consiglio, mentre nei successivi Governo D'Alema II e Governo Amato II è Ministro della Difesa. Già nel 2013 il suo nome era stato proposto dall'ex segretario Pier Luigi Bersani come candidato alla presidenza della Repubblica.
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