ROMA. Quanta dignità e amore per i valori della Costituzione e della democrazia nella firma con la quale Giorgio Napolitano rassegna le dimissioni da Presidente della Repubblica. Una lucida scelta nella speranza di imprimere la svolta decisiva ad una politica impantanata fra crisi morale e crisi economica. L’ultima firma al Quirinale che consacra la vita politica e istituzionale di Napolitano alla storia dell’Italia. L’orizzonte per la successione è ancora nebuloso e le analisi prevedono una frammentazione con più candidati iniziali. «No, nessun eletto al primo scrutinio e neppure al quarto, quando basterebbe la maggioranza assoluta. E se non si raggiunge subito un accordo lo stallo sarà lungo» prevede Marzio Breda, il quirinalista del Corriere della Sera, molto apprezzato da Napolitano e dal segretario generale, Donato Marra. In attesa di seguire il quinto Capo dello Stato, dopo Cossiga, Scalfaro, Ciampi e il doppio mandato di Napolitano, Breda teme in particolare gli antagonismi e le fibrillazioni che dividono Pd, Forza Italia e M5S. Anatomia di una presidenza dall’altissimo profilo istituzionale. «Napolitano si può a ragione ritenere un gigante della politica, con un altissimo "standing" internazionale, come dimostrano i messaggi e le visite di commiato di Papa Francesco, del presidente Obama, della regina Elisabetta e dei leader europei e mondiali». Tutti ricordano i momenti più esaltanti. E i momenti difficili? «Napolitano si è preoccupato innanzi tutto di mantenere la bussola sulla tutela della stabilità, di preservare la durata delle legislature e questo lo ha esposto a critiche, contestazioni, polemiche e tensioni. I momenti più difficili sono stati quelli vissuti al tempo del governo Berlusconi, dove ci sono stati momenti di tensione piuttosto forti, e poi la prova di forza con la Procura della Repubblica di Palermo in merito ai risvolti dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia riguardanti l’ex ministro dell’Interno ed ex presidente del Senato, Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza. Queste le due fasi più critiche della sua presidenza, sia del primo, come del secondo mandato, e anche quelle che lo hanno maggiormente amareggiato. Dobbiamo ricordare che alla fine del suo primo settennato, Napolitano riscuoteva un consenso da parte degli italiani intorno all'80% sebbene le difficoltà sopracitate. Adesso, al termine del secondo mandato, dove ci sono state diverse le polemiche sul fronte della giustizia e anche quelle relative ai governi creati per risanare l'economia, il suo gradimento è sceso molto, ed è intorno al 40%». L’INTERVISTA INTEGRALE SUL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA