Lunedì 23 Dicembre 2024

Fisco, Renzi blocca la riforma: "Nessuno scambio politico-giudiziario con Berlusconi"

18 gennaio: Renzi incontra Berlusconi nella sede del Pd e sigla il "Patto del Nazareno"

ROMA. Silvio Berlusconi potrebbe beneficiare di una norma contenuta nello schema di decreto legislativo «certezza del diritto» per vedere cancellata la condanna per frode fiscale che gli è stata inflitta nel processo Mediaset e azzerati gli effetti della legge Severino nei suoi riguardi, con il pieno ritorno all'«agibilità politica». È quanto scrivono oggi diversi quotidiani. La previsione normativa che potrebbe riguardare Berlusconi è contenuta nello «schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente», approvato di recente dal consiglio di ministro e pubblicato sul sito del governo. Nel provvedimento è prevista l'introduzione, nel decreto 74/2000 sui reati tributari, di un art. 19-bis che esclude la punibilità «quando l'importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al tre per cento del reddito imponibile dichiarato o l'importo dell'imposta sul valore aggiunto evasa non è superiore al tre per cento dell'imposta sul valore aggiunto dichiarata». A conclusione del processo Mediaset Berlusconi è stato condannato a quattro anni di reclusione (tre condonati) e a due anni di interdizione dai pubblici uffici per una frode fiscale di 7 milioni di euro, pari a meno del 2% dell'imponibile. Pertanto, attraverso un incidente di esecuzione, l'ex premier potrebbe beneficiare delle previsioni della nuova norma e ottenere la cancellazione della condanna, cui seguirebbe, di conseguenza, l'azzeramento degli effetti della legge Severino, a cominciare dai sei anni di incandidabilità. Sempre secondo quanto scrivono i quotidiani, i giuristi sono, tuttavia, divisi sull'interpretazione della norma, che potrebbe non riguardare il reato di frode fiscale, ma solo l'infedele dichiarazione. Fonti di governo, peraltro, avrebbero già fatto sapere che la norma sarà modificata prima del varo definitivo, in maniera tale da escludere che possa avere effetti sulla vicenda giudiziaria Berlusconi-Mediaset. Il premier Matteo Renzi «ha chiesto questa mattina agli uffici di non procedere - per il momento - alla formale trasmissione alla Camera del testo approvato in Consiglio dei Ministri» dei decreti delegati sul fisco che contiene le norme considerate pro-Berlusconi. Il testo - spiegano fonti di P. Chigi - tornerà in Consiglio dei Ministri. «Il nostro Governo non fa norme ad personam, non fa norme contra personam. Fa norme che rispondono all'interesse dei cittadini». È quanto spiegano fonti di palazzo Chigi intervenendo sulla polemica sulla norma «salva-Cav». «I decreti delegati sul fisco - spiegano le fonti di Palazzo Chigi - segnano una rivoluzione nel rapporto tra fisco e cittadini, tra fisco e aziende. La logica che il Parlamento ha affidato al Governo è molto chiara: recuperare più soldi dall'evasione, depenalizzando laddove possibile e contestualmente aumentando sanzioni e pene per i reati che rimangono tali. Oggi in Italia meno di cento persone su sessanta milioni scontano pene per reati tributari. Il che è assurdo, se pensiamo alle stime, incredibili, dell'evasione nel nostro Paese. Si tratta dunque di cambiare in modo radicale. Questo è l'obiettivo del Governo. Disciplinare in modo puntuale l'abuso di diritto, dare certezze a investitori e cittadini, stangare con più severità i veri colpevoli e smettere di ingolfare i tribunali penali per questioni formali è un grande obiettivo di civiltà giuridica. Con questo spirito il Governo ha votato nell'ultima seduta del Consiglio dei Ministri la prima lettura del decreto delegato che va in questa direzione. Lo ha fatto discutendo articolo per articolo, su tutti i punti in discussione, riducendo le pene rispetto alle proposte del presidente del consiglio dei ministri per un comprensibile problema di equilibrio del sistema sanzionatorio e aprendosi a una discussione vera, non formale, collegiale, durata più di un'ora. Il nostro Governo non fa norme ad personam, non fa norme contra personam. Fa norme che rispondono all'interesse dei cittadini. Di tutti i cittadini. Queste norme consentiranno di non avere interpretazioni discrezionali tra commissione tributaria e commissione tributaria, ma finalmente darà lo stesso tipo di pena da Milano a Palermo Di tutto abbiamo bisogno tranne che dell'ennesimo dibattito sul futuro di un cittadino, specie in un momento come questo dove qualcuno teorizza strampalate ipotesi di scambi politici-giudiziari, anche alla luce del delicato momento istituzionale che il Paese si appresta a vivere. Per questo il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto questa mattina agli uffici di non procedere - per il momento - alla formale trasmissione alla Camera del testo approvato in Consiglio dei Ministri. La proposta tornerà prima in Consiglio dei Ministri, poi alle Commissioni, quindi di nuovo in Consiglio per l'approvazione definitiva entro i termini stabiliti dal Parlamento e cioè entro marzo 2015». E arrivano subito le prime reazioni. «Oggi diversi quotidiani rivelano l'errore clamoroso che in Consiglio dei Ministri sarebbe stato compiuto il 24 dicembre scorso con l'approvazione del decreto legislativo sui rapporti tra contribuente e fisco. Decreto che avrebbe aperto nei fatti ad una depenalizzazione molto spinta per chi come Berlusconi è stato condannato per il reato grave di evasione fiscale. La norma renderebbe Berlusconi non punibile e immediatamente ricandidabile anche con una sentenza passata in giudicato». Lo afferma il capogruppo dei Deputati di Sel a Montecitorio Arturo Scotto. «Non sappiamo se la retroattività è una postilla del Patto del Nazareno come lo scorporo nell'Italicum. Siamo portati a credere nelle parole di Renzi secondo cui se errore c'è stato bisognerà cambiare subito il Decreto. Bene allora, si proceda con l'analoga velocità con cui si è forzato sul Jobs Act e sulle Riforme Istituzionali. Se la norma salva Berlusconi non verrà modificata Sel chiederà che la Camera non inizi l'8 gennaio la discussione sulle modifiche alla Costituzione. È una questione di fiducia. Vogliamo sapere se in questo Paese la legge è uguale per tutti», conclude Scotto.

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