Mercoledì 18 Dicembre 2024

Napolitano: è l'ultimo messaggio, mi dimetto non posso sottovalutare i segni della fatica

ROMA. Un addio senza commozione: lucido nel riconoscere il peso limitante dell'età, secco nel denunciare il marcio che ancora si annida nel «sottobosco» della politica. Ma molto sentito nel cercare di ridare fiducia agli italiani spronandoli a rialzare la testa, ad aiutare la politica a ritrovare senso morale e legalità. Ma si tratta di un'uscita definitiva che avverrà dopo la fine formale del semestre europeo (13 gennaio) e che Giorgio Napolitano ha voluto ufficializzare nell'appuntamento per lui più importante, quello con i cittadini nel messaggio di fine anno. Il presidente si congeda ma come è sua abitudine non è un addio introspettivo, un semplice bilancio di tante fatiche: ha preferito uscire tracciando ancora una volta la strada del prossimo futuro: riforme, guerra alla corruzione, ripresa economica, lotta alla disoccupazione giovanile e sempre più Europa. Si chiude così non un settennato ma quasi un «novennato», un periodo lunghissimo al vertice delle istituzioni. Dal Quirinale re Giorgio ha guidato la nave Italia nella tempesta avendo come luce sempre il faro della stabilità politica e delle riforme. «Ne abbiamo fatti di passi avanti» dal 2006, ha detto oggi rivendicando il percorso delle riforme che sembra oggi ben avviato. Ma è stato solo un passaggio di un discorso di 22 minuti: un messaggio molto particolare, franco e diretto, quasi un dialogo con i cittadini in attesa di stappare le bottiglie per dimenticare almeno una sera le difficoltà di questo brutto 2014. Napolitano ha scelto di sciogliere subito il nodo delle sue dimissioni e lo ha fatto con estrema franchezza: «Sto per lasciare, rassegnando le dimissioni», ha premesso. «E desidero dirvi subito che a ciò mi spinge l'avere negli ultimi tempi toccato con mano come l'età da me raggiunta porti con sè crescenti limitazioni e difficoltà nell'esercizio dei compiti istituzionali, complessi e altamente impegnativi, nonchè - ha spiegato a reti unificate - del ruolo di rappresentanza internazionale, affidati dai Padri Costituenti al Capo dello Stato». Bisogna quindi tornare alla «normalità costituzionale» e questo significa, ha ammonito il capo dello Stato, procedere subito e «serenamente» all'elezione del nuovo presidente. Sarà proprio questo il primo passaggio fondamentale nel quale le forze politiche dovranno mostrare «maturità» e «senso della nazione». Su questo tasto il presidente ha battuto molto dal suo studio al Quirinale. Con uno sguardo rivolto al futuro ha cercato di scuotere il Paese da un senso maligno di torpore che lo avvolge spiegando che la reazione alla crisi, alla corruzione e alla criminalità deve essere collettiva. Al punto di invocare una resurrezione del Paese come avvenne nel primo dopo-guerra. «Il cammino del nostro paese in Europa, lo stesso cammino della politica in Italia lo determineremo tutti noi, e quindi ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, le sue prese di coscienza, le sue scelte. Più si diffonderanno - ha aggiunto - senso di responsabilità e senso del dovere, senso della legge e senso della Costituzione, in sostanza senso della Nazione, più si potrà creare quel clima di consapevolezza e mobilitazione collettiva che animò la ricostruzione post-bellica e che rese possibile, senza soluzione di continuità, la grande trasformazione del paese per più di un decennio». Ecco perchè «ciascuno deve fare la sua parte» e tutti devono partecipare «con passione, combattività e spirito di sacrificio». Insomma, è l'appello finale di Napolitano, non si deve più lasciare «occupare lo spazio dell'attenzione pubblica solo a italiani indegni». La «stabilità politica e la continuità istituzionale» sono fondamentali per battere le «gravi patologie di cui il nostro paese soffre». A cominciare «dalla criminalità organizzata; da una corruzione capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale, trovando sodali e complici in alto».  Parole durissime sul sottobosco della politica, sugli scandali di queste ultime settimane che hanno messo in ginocchio la capitale e scoperchiato un «mondo di mezzo» che ha lasciato allibiti i cittadini e ha scandalizzato l'opinione pubblica internazionale. «Sì, dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società. E bisogna farlo insieme, società civile, Stato, forze politiche senza eccezione alcuna. Solo riacquisendo intangibili valori morali la politica potrà riguadagnare e vedere riconosciuta la sua funzione decisiva», ha detto nel passaggio più duro del suo congedo agli italiani.  

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