Venerdì 22 Novembre 2024

Iacoboni: «Quirinale? Nel Pd i nodi verranno al pettine»

Un Pd accentrato nelle mani di una triade, molti malumori e poche figure spendibili a livello mediatico e una serie di partite importanti da giocare, prima fra tutte quella per il Quirinale. Ma il pericolo scissione è lontano, secondo Jacopo Iacoboni, giornalista de La Stampa che ha già pubblicato un’inchiesta in più puntate su quello che fu il partito di Enrico Berlinguer. Nonostante i tentativi di minimizzare e di «congelare» la crisi dopo l’assemblea, la frattura fra Renzi e la minoranza sembra sempre «in agguato». È stata paventata l’ipotesi di una scissione. È un’ipotesi possibile? «L’impressione che ho io, girando fra la gente e nei circoli, è che in realtà la scissione non è una cosa che si discute molto a livello della base, neppure nelle realtà dove si respira più malessere come l’Emilia. Lì piuttosto che affrontare una scissione si taglierebbero le mani. C’è sicuramente un clima diffuso di critica, basti pensare che per l’ultima iniziativa di Civati a Bologna c’erano circa 800 persone, tante per un outsider. Le critiche aumentano, in molte realtà, ma non si spingono a prendere in considerazione o tanto meno organizzare una rottura definitiva». Ma a chi gioverebbe un’eventuale scissione? «Oggi il Pd di Renzi si attesta su percentuali più basse rispetto alle Europee, anche se va detto che quel 40,8% era una cifra dovuta anche alle astensioni. E in quel momento Renzi era al massimo della luna di miele; è una fase sorpassata - nel senso che secondo me siamo già in un renzismo di fase due o tre - ma il consenso del Pd di Renzi resta un consenso comunque alto. Vedo molti malumori, anche forti, ma più attendismo. Ora, fra tre mesi non si sa…». Fra i big però c’è chi, come D’Alema, avanza anche ora questa ipotesi… «In realtà anche a quei livelli evitano di parlarne. In fondo l’unico che ha una spendibilità mediatica è Civati, D’Alema certo no, rischia di essere fischiato come è già accaduto a Bari. C’è tutta una classe di dirigenti ed ex dirigenti che, anche se fa critiche sensate, non ha più credibilità. L’unico che ha una sua rete, e può funzionare anche come immagine, è Civati, ha la stessa età del premier, appartiene a quella generazione; è fra i fondatori della prima Leopolda. Ma finora gli è mancato il coraggio politico. Bisogna dire che per costruire qualcosa di nuovo a sinistra ci vorrebbero delle elezioni in vista. Invece, non dimentichiamo, proprio davanti alle alte cariche dello Stato Napolitano ha ripetuto che non se ne parla, che la stabilità è il valore supremo…». L’INTERVISTA INTEGRALE SUL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA

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