ROMA. Meno 50 giorni al 15 febbraio: ormai conta le ore Silvio Berlusconi pronto a riprendersi appieno la vita e il suo partito dopo essere stato azzoppato dal processo Mediaset. Il Cavaliere non vede l'ora di congedarsi dai pazienti di Cesano Boscone per tornare in sella (alleggerito dagli orpelli giudiziari) e riprendere le redini di un partito confuso e diviso da faide e fronde interne. Con Raffaele Fitto che non intende farsi mettere all'angolo con una candidatura in Puglia, e che ormai ha consolidato il suo ruolo di «spina nel fianco».
E con la Lega che tallona Forza Italia e accarezza l'idea di detronizzare Berlusconi per sostituirlo con Matteo Salvini alla guida del centrodestra. Innumerevoli, dunque, le matasse che il Cavaliere dovrà sbrogliare in vista della «vittoria» che vagheggia da tempo. Una vittoria politica ma soprattutto elettorale dato che secondo l'ex premier si andrà al voto in primavera (anche oggi il suo consigliere politico Giovanni Toti ha parlato di «scorcio» di legislatura); e quindi bisogna preparare le truppe in vista di quell'appuntamento. Sarà della partita Ncd che punta al ruolo determinante di ago della bilancia nel centrodestra?
I rapporti con i «cugini» azzurri sono al minimo storico. In queste ore da Forza Italia arrivano sberleffi sul «partito-sgabello» del governo Renzi. E va avanti la politica del bastone (più che della carota) nei confronti degli uomini di Angelino Alfano sotto attacco sui decreti attuativi del Jobs Act. La sconfitta della linea dura di Ncd sul reintegro dopo il licenziamento, secondo Fi, ha confermato il ruolo «marginale» del nuovo centrodestra nella coalizione di governo dove invece la «Golden share è sempre nelle mani della sinistra Pd e della Cgil». In sostanza - è la sintesi sarcastica di Giovanni Toti - «tra i tanti »pacchi« giunti agli italiani in questi giorni è arrivato anche quello del Jobs Act». E con lo sguardo sempre rivolto a Ncd, l'europarlamentare ha evocato la montagna che ha partorito il topolino, e ha bollato il provvedimento come «compromesso al ribasso».
Ma la «mission» che Berlusconi ha affidato a Toti in queste ore è quella di frenare sul Quirinale dopo la sua sortita buonista nell'intervista alla Repubblica (dove il Cav sembrava pronto a votare qualsiasi candidato Pd). Un'uscita che aveva messo in grande allarme anche i fedelissimi che temevano un ulteriore crollo di Fi («così arriviamo al 2%», è stato il grido di dolore di molti). Dunque - ha avvisato Toti - bene le riforme insieme ai Dem ma è impensabile che se ci hanno chiesto aiuto su quel versante (e «noi siamo stati determinanti sul Senato e per l'incardinamento della legge elettorale» in aula) poi si «rifiutassero» di confrontarsi con noi anche sul Colle. Al momento però sul Quirinale lo bocce restano ferme (mentre cresce l'attesa per il discorso di fine anno del presidente Napolitano).
In fermento, invece, il toto-nomi, che si arricchisce ogni giorno di nuovi attori tanto da mettere insieme un paio di squadre di calcio, arbitro e guardalinee compresi. Anche se oggi, a dire il vero, il consigliere politico di Berlusconi destina agli spalti, nel ruolo di spettatore, uno dei 'candidatì più forti: Mario Draghi. «Draghi per il Quirinale? Sicuramente è un nome che ha un curriculum come pure Amato ma - taglia corto Toti - credo stia facendo un ottimo lavoro alla Bce e sarebbe controproducente chiedergli di lasciare anzitempo l'incarico. Abbiamo fatto tanti errori cerchiamo di non farne altri così grossolani».
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