ROMA. «Non chiamatela scissione», «però il tempo stringe. Così faccio fatica a starci». A dirlo è Pippo Civati, che intervistato da Qn, sottolinea come il momento dell'addio dal Pd si avvicini: «tempo fa parlai di un mese. Ora di meno. Molto meno». E al giornalista che gli chiede se allora confermi vele spiegate verso Vendola e nuovo partito, Civati dice: «sulle formule si vedrà. Occorre uscire dalle secche di questo Pd. Questo è chiaro». «Io rilevo, con sempre maggiore preoccupazione - spiega il deputato Pd - che il nostro elettorato soffre questo governo».
«Se insiste in questa direzione il Pd farà sempre più fatica». Il «cosiddetto popolo democratico», sottolinea Civati, «non capisce il perchè di una linea politica certamente non di sinistra». E sottolinea: «non siamo noi che ci separiamo. È questo gruppo dirigente che non rispetta gli impegni e ci costringe a fare qualcosa di diverso». Civati, inoltre, osserva: «c'è una grande spazio tra le cosiddette ricette della Troika e le proposte radicali dei compagni di Tsipras». «Dico solo che» «una soluzione ci dovrà pur essere». Quale? «Di certo nessuna di quelle attuali che puoi permetterti solamente se hai una crescita del 3 per cento...».
Su clima che si respira al Pd si esprime il vicesegretario Guerini. «Questo è l'ultimo appello, non ci sono altre chiamate: o siamo tutti consapevoli che il tempo dei giochini, delle rivincite congressuali e degli sgambetti è finito. Oppure, altro che disciplina, saranno gli elettori a sanzionarci». Così Lorenzo Guerini, intervistato dal Corriere della Sera, riflette sulle tensioni interne al partito. E al giornalista che gli domanda cosa si aspetti dall'assemblea nazionale di oggi dice: «che si superi un dibattito che a volte sembra concentrato solo sulle dinamiche interne». Guerini riflette su quanto avvenuto in Commissione Affari costituzionali, con la scelta di alcuni deputati della minoranza di non partecipare al voto e di chiedere di essere sostituiti: «si rischia di rappresentare un'immagine tutta politicista. Qualcuno ha detto che il voto sui cinque senatori di nomina presidenziale era un segnale interno al Pd. Questa modalità sa di vecchio, è da abbandonare. Basta guardarsi l'ombelico, pensiamo davvero alle riforme».
La libertà di coscienza? «Le materie su cui si invoca sono sempre più ampie: dall'etica al Jobs act, dalla riforma costituzionale alla legge elettorale. I cittadini possono valutare dove finisce la libertà di coscienza e dove comincia il posizionamento interno». Il vicesegretario torna poi sulle dichiarazioni di Pippo Civati, che ha evocato la scissione: «È il solito Civati. Mi auguro che non avvenga quanto dice». Infine Guerini esclude urne anticipate: «lo ribadiamo fino alla noia: non c'è nessuna volontà di andare al voto».
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